Oltre il parto spontaneo (o eutocico), oggi abbiamo il parto cesareo, il parto VBAC, il parto indotto o pilotato, il parto in acqua. E poi le posizioni verticali, la posizione squatting, quella a “quattro zampe”, quella litotomica, il decubito laterale. E poi ancora la peridurale, la manovra di Kristeller, e così via.
Siamo nel 2025 e, ovviamente, la medicina va al passo coi tempi e con la tecnologia, e le tecniche operatorie e mediche in generale, anche a livello di prevenzione, hanno favorito e favoriscono il benessere della madre e del proprio bimbo durante la gravidanza e il parto.
Oggi la mortalità per complicazioni dovute al parto (dovute essenzialmente ad emorragie, infezioni, ipertensione, e complicazioni associate ad aborti non sicuri) è di circa 287.000 donne ogni anno (fonte OMS), ma va anche detto che la maggior parte di questi decessi è concentrato nelle aree più povere, il 70% nella sola Africa sub-sahariana.
E può far piacere sapere che l’Italia è tra i paesi con la più bassa mortalità materna al mondo, pari a circa 5-8 decessi ogni 100.000 bambini nati vivi.
Ma se questo accade oggi, un tempo come si partoriva?
Prima dell’inizio del XX secolo, la maggior parte delle nascite avveniva a casa, assistita da levatrici o “comari”. In alcuni villaggi e comunità rurali, le donne partorivano in piedi, appoggiate a qualcuno o a un oggetto, come un bastone.
Scarsità di igiene e medicina non ancora sviluppata facevano sì che il tasso di mortalità per le madri fosse molto alto.
A partire dal 1920 circa si iniziò a favorire la nascita in ospedale, grazie alla maggiore igiene e alle tecnologie mediche disponibili. Questo cambiamento fu favorito anche dalle nuove teorie sull’igiene e dalle campagne di sensibilizzazione sull’importanza del controllo medico durante il parto.
In questo periodo, furono introdotte nuove tecnologie come l’uso di pinze per il parto e il taglio cesareo, ma soprattutto l’adozione dell’anestesia che contribuì a ridurre il dolore durante il parto e a migliorare la sicurezza per la madre.
L’ostetricia iniziò inoltre a diventare una professione riconosciuta e regolamentata. Le ostetriche divennero più specializzate e preparate per assistere le partorienti, sia a casa che in ospedale.
Questo cambiamento epocale che, come detto, avvenne intorno agli anni ’20 è testimoniato dal documento postale protagonista dello sfizio di oggi.
Si tratta di una missiva spedita il 25 maggio 1920 da Napoli e indirizzata a Tripoli.
Chi scrive è Alfredo, il destinatario è suo fratello Guido, capo operaio della Direzione dell’Arsenale di Artiglieria.
Va ricordato che Tripoli venne conquistata dalla Regia Marina italiana il 5 ottobre 1911, e che tale occupazione fu una delle prime azioni militari della cosiddetta Guerra italo-turca, o Campagna di Libia, combattuta dal Regno d’Italia contro l’Impero ottomano tra il 29 settembre 1911 e il 18 ottobre 1912, per conquistare le regioni nordafricane della Tripolitania e della Cirenaica.
L’arsenale presso cui lavorava Guido era quindi quello della Regia Marina.
Ma vediamo cosa scrive suo fratello Alfredo.
«Caro fratello
Non ti ho scritto prima perché la mia testa non era a posto, devi sapere che Antonietta à partorito con il chirurgo e se l’ha passata abbastanza male, ed ha messo alla luce una bella bambina a cui ho posto il nome di Maria, ora Antonietta passa meglio, figurati che fino a qualche giorno fa ha avuto la febbre alta, ma ora ringraziando Iddio e la Vergine di Pompei sembra che le cose si vanno accomodando. Tu come stai? Ed Elena? I miei nipotini cosa ne dicono di Tripoli? Stanno bene in salute?
Fra qualche giorno ti scriverò a riguardo le pelli e il resto, quando terrò la testa più al suo posto.
Salutami Elena, un bacio ai nipotini.
Un bacione dal tuo aff.mo fratello Alfredo»
Va anzitutto notato il fatto che Alfredo dica «…una bella bambina a cui ho posto il nome di Maria…», usando il singolare e non il plurale, segno che il nome lo ha deciso solo lui, Alfredo, senza consultarsi o senza considerare il parere di Antonietta.
Oggi questa cosa ci fa effettivamente saltare sulla sedia, ma nel 1920 in una società del tutto maschilista, dove le donne non avevano diritto al voto ma “servivano” solo per svolgere i lavori domestici e soprattutto procreare, era una cosa completamente normale.
Nulla di strano, poi, ad associare nelle invocazioni divine Iddio con la Madonna di Pompei. Quest’ultima, soprattutto nel centro-sud d’Italia, era (e forse ancora è) molto popolare, e ci si rivolgeva a lei per invocare aiuto e protezione in particolare per i membri della propria famiglia.
Infine, il passaggio della lettera che più ci interessa: «…Antonietta à partorito con il chirurgo…».
Come detto, proprio in quegli anni si iniziò a partorire in ospedale, con il personale medico, ma per l’epoca che, sino ad allora, aveva visto madri partorienti solo a casa con le levatrici, la notizia era da riportare.
Tra le righe mi sembra tuttavia di leggere una certa critica di Alfredo sulla nuova pratica. Quel «se l’ha passata abbastanza male» e quel «fino a qualche giorno fa ha avuto la febbre alta» mi sembrano una disapprovazione da parte sua, una sorta di “te l’avevo detto”, forse nei confronti proprio della moglie o di chi ha consigliato loro di partorire in ospedale piuttosto che comodamente a casa, come Alfredo sa aver fatto sua madre e la madre di sua madre, in passato.
Ad ogni modo, il riferimento al chirurgo farebbe pensare al parto con taglio cesareo.
In antichità si eseguiva il taglio su donne già decedute per cercare di salvare il feto. Nel 1500 venne documentato il primo taglio cesareo su una donna viva (per la cronaca, si salvò sia il bambino che la donna).
Nel 1876 il medico italiano Edoardo Porro sperimentò il metodo asportando l’utero, quindi abbattendo notevolmente la possibilità di emorragie ed infezioni ma allo stesso tempo obbligando la donna a non avere più figli.
Soltanto nel 1907 il medico Frank di Colonia introdusse la tecnica che viene utilizzata ancora oggi, con un taglio trasversale in corrispondenza del segmento inferiore, e che iniziò ad affermarsi con la diffusione del ricovero in ospedale per il parto, negli anni ’20 appunto.
Va inoltre detto che Napoli vanta una tradizione medica di tutto rispetto.
La scuola medica più antica è quella salernitana, ma a Napoli nel 1224 venne istituita la prima università pubblica dello stivale.
Non stupisce, quindi, che Napoli intorno al 1920 fosse all’avanguardia in campo medico.
Antonietta, quindi, non solo partorì in ospedale ma probabilmente le venne anche praticato un taglio cesareo, forse tra i primi ad essere praticati in Italia.
Con buona pace di Alfredo.
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