
Sfizi.Di.Posta tratta i più svariati argomenti, ve ne sarete ormai accorti.
Ma chi scrive non è certamente un tuttologo, né ha l’ambizione di esserlo. Molto più semplicemente e umilmente, quando c’è un argomento che non si conosce, lo si studia, lo si approfondisce.
E allora succede che ti capita per le mani una cartolina che, come vedremo a breve, ha a che fare con il gioco delle bocce.
Vi è capitato mai nella vita di giocare a bocce?
Forse non in una bocciofila, ma almeno a mare, sulla sabbia?
Ebbene, nell’approntare questo sfizio mi sono chiesto: ma da quanto tempo esiste il gioco delle bocce?
Ignorante come una capra, mi sono andato a documentare, e quello che ho scoperto è a dir poco incredibile.
Fonte di informazioni, in questo caso, è il sito web ufficiale della FIB, la Federazione Italiana Bocce: tutte le citazioni che seguono hanno questa fonte.
«La più antica testimonianza di un gioco delle bocce è del 7000 a.C. e si trova nella città neolitica di Catal Huyuk, in Turchia, dove sono state rinvenute alcune sfere di pietra che mostrano chiaramente segni di rotolamento su un terreno accidentato.»
Incredibile, vero?
«Oggetti simili, ma più finemente lavorati, furono ritrovati nell’antichità anche in Egitto, a Roma ed in Grecia. Le legioni romane fecero conoscere il gioco in Gallia ed in Britannia dove ebbe in seguito un notevole sviluppo. Nel Medioevo si giocava per le strade, sulle piazze, nei castelli. Le bocce affascinarono tutti, nobili e popolani. La grande diffusione del gioco creò problemi di ordine pubblico e diede fastidio ai potenti. Le cause erano il lavoro trascurato, le scommesse e, a volte, le furibonde liti che scoppiavano durante accese partite. Scattarono così i primi divieti che limitarono fortemente il gioco per lunghi secoli.»
A favore delle bocce erano però Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero, Bruegel il vecchio (che immortalò le bocce nel suo famoso dipinto “Giochi di fanciulli”, 1559); Giovanni Calvino e Sir Francis Drake furono accaniti giocatori.
Certo, fa davvero sorridere l’editto della Serenissima Repubblica di Venezia del 1576 contro “…il pericolo grande delle balle…“, ma verso la fine del Seicento il gioco aveva preso talmente piede in tutta Europa che piuttosto che bandirlo fu più intelligente regolamentarlo.
«Nel 1873 sorse a Torino la prima società d’Italia che assunse la curiosa denominazione di “Cricca Bocciofila” […] Un quarto di secolo dopo, il 14 novembre 1897, un gruppetto di società bocciofile piemontesi si riunì a Rivoli, vicino a Torino, e decise di fondare un organismo di coordinamento dell’attività sul territorio. L’anno dopo, sempre a Torino, in occasione dell’Esposizione Internazionale, nacque l’Unione Bocciofila Piemontese, la prima federazione guidata da Paolo Streglio. Nel 1904 fu predisposto il primo regolamento tecnico di gioco ufficiale […] Nel 1919 nacque l’Unione Bocciofila Italiana (U.B.I.), l’erede di quella piemontese, che nel 1926 fu riconosciuta dal Coni.»
Questo è dunque il contesto storico in cui si innesta il documento postale che vediamo oggi, una cartolina postale da 5c. spedita il 23 febbraio 1912 da Cisterna di Roma e diretta a Roma.
Apro una parentesi. Non c’entra nulla con il contesto storico-temporale dello sfizio, è ovvio, ma faccio notare che il destinatario a Roma abitava al civico 154 di via Rasella, poche decine di metri di distanza dal civico 142 all’altezza del quale, 32 anni e un mese dopo, il 23 marzo 1944, avverrà un attentato ad opera di una dozzina di partigiani che provocherà la morte di 33 tedeschi e due civili italiani, e la cui conseguente rappresaglia tedesca saranno i 335 morti dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Chiusa parentesi e torniamo a noi.
Cisterna di Roma è il toponimo della cittadina laziale (che ha una storia millenaria che vi invito a scoprire) dalla costituzione del Regno d’Italia sino all’istituzione della provincia di Littoria, quando appunto (1934) cambiò denominazione in Cisterna di Littoria (e, poi, Cisterna di Latina, l’attuale toponimo, dopo la caduta del fascismo).
Chi scrive, il sig. Amedeo, è molto contrariato.
Vediamo perché!
«Sig. Giacobbi,
Non mi saprei spiegare la ragione perché non mi spedisce le bocce da giuoco, senza piombo e di centimetri 11 di diametro, ordinatevi da giugno scorso. Non credo che adesso facciate lo stesso. Perciò vi raccomando di spedirmele subito in assegno, perché adesso viene il tempo buono ed ognuno vorrà giocare.
Mi spedirete otto bocce e il boccino e il prezzo si intende di £. 1,75 ognuna.
In attesa vi saluto e sono Amedeo Monaco»
Da giugno scorso?!?!
Alla faccia della pazienza!
Certo che adesso, a fine febbraio, con l’inverno che sta per essere archiviato e l’arrivo della primavera, le bocce servono!
E che fece il sig. Giacobbi?
Spedì le otto bocce più boccino al sig. Amedeo?
Parrebbe di sì, a ben guardare l’appunto in lapis blu in alto a sinistra: «Eseguita 24-2-1912»
Oltretutto, la cartolina risulta perforata con i classici anellini da raccoglitore, segno che il sig. Giacobbi, una volta conclusa la spedizione e annotato l’appunto di cui sopra, archiviò la cartolina fra le faccende evase.
Va anche evidenziato che la cartolina postale da 5c. utilizzata da Amedeo prevedeva una seconda cartolina, unita lungo la perforazione sul lato maggiore, con “Risposta pagata”, ovvero preaffrancata sempre per 5c., qui mancante.
È pertanto possibile che il sig. Giacobbi abbia utilizzato questa cartolina “di cortesia” per rispondere al sig. Amedeo preannunciandogli la spedizione delle agognate bocce.
Quindi, le probabilità che il sig. Amedeo abbia infine ricevuto le sue bocce sono altissime.
E allora, caro il nostro sig. Amedeo, come giochiamo?
Raffa? Volo? Petanque?
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