Oggi, 13 ottobre, si celebra la Giornata internazionale per la Riduzione del Rischio dei Disastri Naturali, conosciuta in tutto il mondo come International Day for Disaster Risk Reduction.
Istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989, ha come obiettivo sensibilizzare tutti i governi del mondo, tutte le organizzazioni internazionali, e tutta la popolazione globale, a riflettere sulla sempre maggiore frequenza e consistenza con cui si verificano le catastrofi naturali.
Terremoti ed eruzioni vulcaniche ci sono sempre state, abbiamo uno storico che ci conferma l’andamento temporale entro cui avvengono certi fenomeni, sebbene rimangano non prevedibili con metodo scientifico.
Ma di altri disastri naturali quali le alluvioni, legate strettamente ai cambiamenti climatici in atto, in effetti oggi assistiamo a un’escalation che sta mettendo drammaticamente in luce la fragilità del nostro Paese da un lato e l’impreparazione a prevenire e gestire certi eventi dall’altro.
In base al quarto Rapporto triennale ISPRA sul “Dissesto idrogeologico in Italia” presentato il 30 luglio 2024, il 94.5% dei comuni italiani è a rischio frana, alluvioni, erosione costiera o valanghe.
Quasi 6 milioni di italiani vivono in aree a rischio frane. L’Italia è il Paese tra i più esposti in Europa.
Studiare, analizzare, prevenire, mitigare, adeguare: sono questi i verbi che dovrebbero dettare l’agenda di Governo in tema d’ambiente, ma i fondi vengono sempre (ed è una costante, per tutti i colori politici) destinati ad altri scopi, preferendo così spenderne di più quando occorre correre ai ripari per risolvere un’emergenza.
Sfizi.Di.Posta, il cui curatore è un geologo, è sensibile a questi temi e vuole, nel suo piccolo, contribuire nella sensibilizzazione collegata alla giornata odierna. E, naturalmente, lo fa a modo proprio, per il tramite di un documento postale.
Si tratta di una piccola busta contenente una missiva che venne spedita da Napoli il 17 febbraio 1889. La lettera è indirizzata «All Gentilissimo Signor professore Giulio Grablovitz, ferma in posta, Lipari, Sicilia», dove giunse il 20 successivo.
Giulio Grablovitz fu un importante scienziato e pioniere della sismologia italiana. Nato nella Trieste austro-ungarica del 1846, prese la cittadinanza italiana nel 1876.
Grablovitz studiò le maree, il bradisismo (i lenti movimenti del suolo) e le deformazioni della Terra causate dall’attrazione di Sole e Luna. Installò un mareografo a Ischia e mise in relazione i movimenti dell’isola con quelli dell’area di Pozzuoli. Infine, si interessò anche alle acque termali di Ischia, indagando i legami tra maree e variazioni di temperatura.
Ma il maggior apporto di Giulio Grablovitz alla scienza fu senz’altro nel campo della sismologia. Dopo il terremoto di Casamicciola del 1883, fu incaricato di fondare e dirigere l’Osservatorio Geodinamico di Casamicciola, sull’isola d’Ischia. Nonostante molti ostacoli tecnici e burocratici, riuscì a costruire strumenti innovativi e a migliorare le tecniche di registrazione dei terremoti, contribuendo in modo decisivo alla nascita della sismologia moderna.
Fu lui a introdurre un metodo più scientifico e preciso per ottenere sismogrammi leggibili, basandosi sull’uso di tre componenti del movimento (due orizzontali e una verticale). Distinse tra strumenti per onde sismiche rapide e lente, e inventò anche nuovi apparecchi, come la vasca sismica, anticipando i moderni sismografi. I suoi strumenti furono premiati all’Esposizione di Milano del 1906.
Fondatore della Società Sismologica Italiana e consulente per vari enti scientifici, trascorse gli ultimi anni a Ischia, dove morì nel 1928 dopo aver dedicato la vita allo studio dei terremoti.
E cosa ci faceva Grablovitz a Lipari nel 1889?
Beh, Lipari è una delle sette isole dell’arcipelago delle Eolie, isole che sono tutte di natura vulcanica, tre delle quali attualmente attive (Stromboli, Vulcano e Panarea).
L’arco vulcanico cui appartengono non è dato tuttavia da queste sole sette isole, ma anche da svariati monti sottomarini quali Alcione, Lametini, Palinuro, Glabro, Marsili, Sisifo, Eolo, Enarete. Il Marsili, in particolare, è il più esteso vulcano d’Europa e per tale ragione (potenzialmente causa di maremoti disastrosi) è un vero sorvegliato speciale.
Per tutte queste ragioni non stranisce più di tanto la presenza di un eminente sismologo a Lipari. Anzi, tutt’altro.
Ma dal momento che abbiamo la possibilità di approfondire la questione grazie alla lettera contenuta nella busta, vediamo un po’ che scrive il mittente.
«Carissimo Amico
Ho ricevuto la tua cartolina e mi fa piacere che tu abbia fatto buonissimo viaggio, io ho avuto tanta paura perché la notte di sabato fu tanto tempo cattivo che io non sono andato a casa mia a dormire e pensavo che anche tu quella notte non sarai partito con quella burrasca così forte.
Speriamo che questo tempo passa presto e tu lo passi allegramente, già non sono più tre settimane che devi restare.
Quando mi scrivi mi dirai che costà ci sono divertimenti e che ci vai e ti diverti, e cosa fa il tuo Compagnio, si diverte anche lui.
Non ho neppure notizie di Mas..i(?) perché il cattivo tempo non sono uscito.
Qua ci sono state ancora due altre scosse di terremoto, ma cose di pochi minuti.
I miei padroni di casa tutti quanti ti salutano e dicono che tu cerchi di venire bello grasso per fare rabbia a qualcheduno, o sia a più d’uno.
Ricevi una stretta di mano e mille baciiiii
Dal tuo aff.mo
Mario
Napoli, 16 febbraio 1889»



Per comprendere meglio quanto scritto dal mittente, riporto alcune notizie e informazioni riferite dal sig. Paolo Capuano, pronipote del prof. Grablovitz.
Grablovitz era un assiduo frequentatore del gentil sesso fra le quali ballerine e donne sposate, relazioni che non poche volte gli causarono problemi.
Nel 1889 Grablovitz frequentava contemporaneamente due donne sposate, la moglie di un ammiraglio (che giurò persino di ucciderlo) e la moglie del presidente della commissione antisismica dell’isola d’Ischia (per quest’ultima relazione vi furono pure risvolti giudiziari, poi risolti).
In quel periodo Grablovitz corrispondeva con il cognato Mario Sani, ma il nome Mario fu utilizzato anche da una delle sue amanti per evitare di essere intercettata.
Fra Grablovitz e Mercalli non correva buon sangue.
I riferimenti al divertimento, ai padroni di casa e di ritornare bello grasso sono ironici e da decodificare. Infatti Grablovitz non fu mai sovrappeso, e il “bello grasso” va inteso in relazione agli studi che si apprestava a compiere a Lipari, studi che avrebbero provocato l’invidia dei colleghi.
Interessante è anche il riferimento alle due scosse di terremoto percepite dal mittente a Napoli, ma quell’anno non si registrarono eventi particolarmente intensi: l’ultimo grande evento in zona è quel sisma del 28 luglio 1883 che a Casamicciola provocò la morte di 2313 persone e per studiare il quale Grablovitz era stato chiamato.
Un’ultima nota la merita il bollo postale di partenza. Al fine di mettere ordine in tutti gli uffici postali del Regno e di debellare le sempre più frequenti frodi postali, il 1° maggio 1866 vennero introdotti i cosiddetti “annulli numerali”, “a barre” e “a punti”. Ogni annullo riportava al centro il numero dell’ufficio postale di partenza.
In particolare, all’avvio dell’utilizzo di tali bolli, vennero schedati 2503 uffici, ma chiaramente questo numero aumentò man mano che negli anni venivano aperti nuovi uffici. Dal 1° dicembre 1876, con l’ufficio n.3082 (Monte Urano), non vennero più creati altri annulli numerali a punti, mentre l’ultimo annullo numerale a barre risale al 1° gennaio 1890 con il n.4466 (Tarsogno, Parma).
Nel nostro caso, affiancato dal classico bollo a cerchio semplice “NAPOLI FERROVIA”, riscontriamo l’annullo numerale a punti n.4349 di Napoli Succursale Ferrovia.
Inoltre, avrete senz’altro notato che il mittente, non conoscendo l’esatto indirizzo del destinatario (che era appena giunto a Lipari), ha indirizzato la missiva “ferma in posta”, servizio tuttora esistente ma a pagamento, allora era gratuito.
Grablovitz era aduso al servizio del fermo posta dal momento che, alloggiando nella Casina Reale di Ischia, gestita dai militari, tale servizio tornava utile per evitare che la posta privata si mescolasse con quella del Regio Esercito.
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