LE NOSTRE AMICHE API

LE NOSTRE AMICHE API

Diciamoci la verità. Oggi appena vediamo svolazzare attorno a noi un insetto a strisce gialle e nere di dimensioni superiori al centimetro andiamo subito in ansia, temendo che ci punga e che inietti dentro di noi litri di veleno che porteranno il nostro corpo in shock anafilattico nel giro di 2-3 picosecondi. È vero o non è vero?

E la cosa peggiore non è tanto il fatto che tutta questa ansia è spesso ingiustificata, ma quanto il fatto che si considera qualsiasi insetto volante alla stregua di un bombardiere Stealth che chissà per quale splendida ragione avrebbe deciso che l’unico scopo della sua vita sia quello di piombare sul nostro corpo e pungerci.

Ebbene, vi do una notizia: non è così!
Gli insetti (che sono in grado di farlo, non tutti lo sono infatti, anzi) pungono solo se si sentono in pericolo o se sono attaccati. Se quindi un insetto giallo-nero sta volando attorno a noi e noi iniziamo a sbracciarci cercando di scacciarlo, otterremo esattamente l’effetto contrario, impaurendolo e portandolo a pungerci.

Non solo. L’ape, per esempio, quando punge decreta anche la sua morte. A differenza di vespe e calabroni, infatti, l’ape perde il pungiglione e il sacco del veleno quando punge, causando appunto la morte di sé stessa. Lo farà, quindi, solo quando è estremamente indispensabile, non certo per il capriccio di pungervi.

E’ quindi molto importante comprendere la differenza esistente tra le api e tutti gli altri insetti a loro simili, saperle distinguere, e trattarle con i guanti bianchi.
Perché?

Le api sono importanti perché fanno il miele? Certo, è buonissimo il miele, ma non è quello il motivo.

Le api sono fondamentali per la biodiversità e la sopravvivenza umana in quanto impollinano circa l’87% delle piante selvatiche, comprese molte colture alimentari vitali come frutta, verdura e semi oleosi. Oltre a produrre miele, quindi, le api garantiscono il 35% della produzione globale di cibo: senza di loro, la sicurezza alimentare sarebbe gravemente compromessa.

Proprio in conseguenza del loro infaticabile lavoro di impollinatori, le api sono a rischio di estinzione a causa di diversi fattori: pesticidi (uccidono le colonie e indeboliscono il loro sistema immunitario), impoverimento e distruzione di prati e boschi (a limitare le risorse naturali per le api, tanto quanto le monocolture agricole), cambiamenti climatici (che alterano i cicli vitali delle piante e quindi delle api, favorendo l’introduzione di parassiti e malattie).

Se le api scomparissero, il pianeta subirebbe gravi danni.
Anzitutto, avverrebbe una riduzione o un crollo della produzione e della diversità alimentare: senza impollinazione, molte colture fondamentali per la nostra dieta non potrebbero essere prodotte.
L’equilibrio naturale sarebbe inoltre compromesso: molte piante selvatiche rischierebbero di estinguersi, compromettendo interi ecosistemi o mettendo a rischio altre specie.

Ognuno di noi può contribuire a proteggere le api adottando comportamenti più sostenibili, come ridurre l’uso di pesticidi (acquistando prodotti biologici che non ne fanno uso) e favorire la biodiversità nei giardini e nei terreni agricoli.
E, naturalmente, favorendo o incentivano l’apicoltura.

L’apicoltura, o allevamento delle api che dir si voglia, non è un’attività che ci si inventa da un giorno all’altro. È un’attività che necessita di preparazione e di esperienza, ma soprattutto di grande rispetto verso questi insetti.

Non è un caso, quindi, che si studia apicoltura persino all’università, nei corsi di apicoltura (in Scienze e tecnologie delle produzioni animali), di zootecnia (in Medicina veterinaria) o di zoocolture (in Scienze biologiche e naturali).

E proprio di apicoltura tratta il documento postale protagonista dello sfizio di oggi, una cartolina spedita il 16 marzo 1920 da Salvatore Mazzarella, Studio di Ingegneria agricola di Palermo, e indirizzata al cav. Di Benedetto, sempre a Palermo.

Questo il testo:
«Egregio amico, Se Ella otterrà degli sciami dal suo alveare e potesse destinarne qualcuno per me, ben s’intende pagandolo, mi farebbe cosa particolarmente gradita, avendo messo su, nel mio villino, un alveare, pel quale sono alla ricerca di famiglie apistiche. Con distinti ossequi mi abbia Cordialmente(?), S Mazzarella.»

Per moltiplicare una colonia, gli apicoltori trasferiscono favi con uova giovani e api operaie da un alveare forte a uno nuovo con provviste. In circa due settimane, se tutto procede bene, nasce una nuova regina.
Il processo si chiama sciamatura, ed è evidentemente quanto l’ing. Mazzarella proponeva al cavaliere.

L’apicoltura è certamente finalizzata, come scopo primario, alla raccolta e quindi commercializzazione del miele, però è indubbio il fatto che una gran bella contropartita c’è. Se vogliamo semplificarla: noi facciamo in modo che le api vivano, crescano, si moltiplichino, e loro ci restituiscono il favore donandoci il miele. Se volete, mettiamola così, ma anche così fosse a me starebbe bene.

E adesso che è arrivata l’estate e staremo tanto tempo all’aria aperta, ricordiamoci quanto sono importanti le api, le nostre amiche api.

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