CERNI E LANDI, TRA POLA E BOLOGNA

CERNI E LANDI, TRA POLA E BOLOGNA

«In un interno del bel palazzo situato in piazza San Domenico n. 5, in faccia al fianco settentrionale, ricco di absidi gotiche e rinascimentali, della basilica del santo, c’era un tempo una “botteguccia di legno … davanti a un vespasiano, che adesso non c’è più”. Era la Libreria Antiquaria Mario Landi, gestita da un omino delizioso e “devotissimo”, Mario Landi, appunto.

Su sollecitazione dello scrittore Antonio Meluschi e tramite Otello Masetti, capo commesso della libreria Cappelli, a questo riservato venditore di libri vecchi si rivolse un gruppo di ragazzi, ex-studenti del liceo “Galvani”, che avevano in comune il sogno di pubblicare una rivista letteraria […] Erano Pier Paolo Pasolini, Luciano Serra, Francesco Leonetti e Roberto Roversi.»

E’ questa la descrizione che la Biblioteca Salaborsa di Bologna fa sul proprio sito web della Libreria Antiquaria Mario Landi, libreria che oggi non c’è più ma della quale si hanno piene testimonianze.

Di particolare rilievo è la presenza di Pasolini che per i tipi della Libreria Antiquaria di Bologna pubblicò nel 1942 la raccolta “Poesie a Casarsa”, un piccolo volume di 48 pagine che raccoglie quattordici poesie in dialetto friulano.

Il volume, realizzato su carta vergata, oggi raro e ricercato (poche sono le volte che appare nelle aste librarie antiquarie, e sempre con prezzi a tre zeri), fu stampato in 300 copie numerate più 75 copie fuori commercio da omaggiare ai critici letterari per le recensioni.

La scelta di Pasolini di pubblicare il volume in dialetto friulano, nel 1942, andando contro la propaganda di regime che voleva l’italiano come lingua unica e sola, fu molto forte e lo espose ad una particolare attenzione. La connotazione politica antigovernativa e antifascista in tale scelta appariva, ed appare, infatti evidente.

Questo era pertanto il contesto entro cui ci muoviamo ed entro cui si innesta il documento postale di oggi, una cartolina postale di propaganda (stampigliato a lettere cubitali è il tormentone motivazionale fascista “VINCEREMO”) spedita il 30 giugno 1943 da Pola e diretta, appunto, alla Libreria Antiquaria Mario Landi di Bologna.

Immagino che sia superfluo farlo, ma ricordo che Pola (in Istria) in quel momento era ancora italiana. Lo sbarco alleato lungo le coste della Sicilia sarebbe avvenuto una decina di giorni dopo. Il successivo 8 settembre, con la firma dell’armistizio, Pola andò formalmente sotto il governo della Repubblica Sociale Italiana, ma (come sappiamo) di fatto sotto il controllo militare della Germania nazista.

Non stupisce, quindi, che il mittente della cartolina sia strettamente interconnesso con il regime fascista, al momento della spedizione della cartolina al governo della città (come di tutte le città d’Italia).
In particolare, chi spedisce è Ferdinando Cerni, presso la Procura del Re Imperatore (l’odierna Procura della Repubblica).

Con la cartolina, Ferdinando Cerni scrive alla Libreria Antiquaria per ordinare un libro, “Guida allo studio delle tradizioni popolari” di Paolo Toschi.
Ma questo è poco rilevante ai fini del nostro racconto.

Ferdinando Cerni era cancelliere del Tribunale di Feltre e corrispondente del giornale “L’Arena di Pola”. Fu anche uno dei testimoni del recupero della salma di Norma Cossetto, così come riportato nell’edizione di mercoledì 15 giugno 1949 del giornale polesano.

Ricordiamo che Norma Cossetto, nata a Visinada nel 1920, laureanda in lettere, a fine settembre 1943 venne arrestata dai partigiani titini in quanto italiana e quindi considerata automaticamente fascista (rifiutò di aderire al movimento partigiano).

Secondo le numerose testimonianze, Norma venne legata a un tavolo, stuprata più volte, e sottoposta a sevizie. Infine, gettata ancora viva (insieme ad altri prigionieri) nella foiba di Villa Surani.

Una foiba, per chi non lo sapesse, è una cavità profonda anche centinaia di metri che si forma nelle rocce carsiche a causa dell’acqua meteorica, quindi tipica del paesaggio carsico istriano e friulano.

Durante e dopo la fine del secondo conflitto mondiale le foibe vennero utilizzate dai partigiani titini per eccidi ed esecuzioni sommarie, gettandovi dentro i corpi dei prigionieri, vivi o morti che fossero.

Sull’argomento, qui solo accennato, rimando alla corposa bibliografia e alle associazioni dell’esodo giuliano-dalmata (ANVGD, etc).

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