DAMMI UNA VESPA E TI PORTO IN VACANZA

DAMMI UNA VESPA E TI PORTO IN VACANZA

«Vespe truccate anni ’60
Girano in centro sfiorando i 90
Rosse di fuoco, comincia la danza
Di frecce con dietro attaccata una targa
Dammi una Special, l’estate che avanza
Dammi una Vespa e ti porto in vacanza

Ma quanto è bello andare in giro con le ali sotto ai piedi
Se hai una Vespa Special che ti toglie i problemi
Ma quanto è bello andare in giro per i colli bolognesi
Se hai una Vespa Special che ti toglie i problemi»

Iniziava così un brano-tormentone dei Lunapop, “50 Special“. Uscita nel 1999, è una canzone che trasmette voglia di estate, vacanze, caldo, tempo spensierato. Vero paradigma di quegli anni del boom economico.

E in effetti gli anni ’60 sono stati davvero caratterizzati dalla Vespa, imitata ma mai copiata, un’icona nel mondo del Made in Italy e della Dolce Vita.

Non è infatti un caso che la Vespa figuri in un migliaio di film, italiani e stranieri.
Come dimenticare Audrey Hepburn e Gregory Peck che sfrecciano incoscienti per i vicoli di Roma a bordo di una Vespa in “Vacanze Romane” (1953).
Sino ad arrivare a Nanni Moretti che, nel suo “Caro Diario” (1993), riscopre una Roma deserta d’estate muovendosi a bordo di una Vespa.

Progettata e brevettata già nel lontano 23 aprile 1946, quando l’Italia ancora monarchica si apprestata a vivere i 36 giorni del suo ultimo Re, Umberto II, re di Maggio, prima di voltare pagina e scegliere la Repubblica come forma dello Stato, la Vespa ha successo sin dall’inizio.

L’idea di creare un motociclo a scocca portante, idoneo all’uso di tutti i giorni e abbordabile per tutti (al lancio, lo scooter costava 68.000 Lire, pari a circa due stipendi medi, importo tuttavia rateizzabile), ha reso celebre questo motociclo tanto che Dino Rosi (tornando un attimo alla cinematografia) ebbe a dichiarare: «Dopo la guerra si andava a piedi; la Vespa è stata il primo mezzo di locomozione delle masse, costava poco e quindi era molto diffusa, non si poteva non darle spazio in quegli anni.»

Il successo della Vespa (si stima che ne siano stati venduti in tutto 18/19 milioni di esemplari) non fu a vantaggio solo della Piaggio, la casa costruttrice, ma diede impulso a tutto il comparto motociclistico che nel secondo dopoguerra vide un proliferare di scooter e motociclette.

Di questo periodo è infatti il documento postale protagonista dello sfizio di oggi, una busta (priva di contenuto) con intestazione commerciale della S.A.I.C.A., concessionaria esclusiva del Motoscooter ISO 125 per Lazio, Abruzzi, Calabria, Sicilia e Sardegna con sede a Roma in via Muzio Clementi 9, spedita per città il 27 novembre 1950.

In alto a sinistra un’immagine della ISO 125, una motocicletta prodotta negli anni ’50 dalla ISO RIVOLTA.

Renzo Rivolta, originario di Desio (provincia di Milano), in Brianza, nel 1939 aveva acquisito una piccola azienda, la genovese Isothermos, che produceva frigoriferi e caloriferi.
Poco dopo, nel 1942, a seguito di un bombardamento di Genova che ne distrusse gli opifici, rientrò in Brianza trasferendo la famiglia e gli affari a Bresso.

Nell’immediato dopoguerra, la S. A. Isothermos iniziò a costruire motociclette e nel 1952 muta infatti la ragione sociale in Iso SPA Autoveicoli (diverrà Iso SPA Automotoveicoli nel 1957, Iso Rivolta nel 1962, e Iso Motor Company SPA nel 1973).

Nel 1949 diede alla luce lo scooter ISO 125, commercializzato con il nome di ISOSCOOTER 125, equipaggiato da un motore di 125cc a 2 tempi a cilindro sdoppiato e ruote da 12″ intercambiabili: sfilando i perni, i tamburi laterali dei freni rimanevano fissati alle forcelle e le ruote potevano essere facilmente sostituite.

L’anno successivo ne venne proposta una versione motoleggera, ISOMOTO 125, della quale ne vennero prodotte tre serie. Tutti i modelli presentavano il caratteristico serbatoio a goccia, sebbene nella terza serie risultava essere più capiente, così come il portapacchi posteriore nella terza serie era più robusto e le gambe avevano più spazio lateralmente essendo la scocca più svasata.

Entrambi i modelli riscossero un discreto successo, perlomeno tale da spingere la Iso Rivolta a proseguire nella strada intrapresa che, nel 1957, portò alla luce il nuovo modello ISO F/150, dalle linee che ricordavano ampiamente la Vespa della Piaggio.

Nel frattempo, la Iso Rivolta aveva indirizzato il proprio sguardo anche al mercato automobilistico dove si impegnò a partire dal modello iniziale, una microvettura chiamata Isetta.
Nel 1962 chiuse la produzione di motociclette e si dedicò esclusivamente alle auto.

Un paio di note postali per chiudere.
Anzitutto, occorre notare che la lettera venne spedita utilizzando il servizio Espresso. In quel momento, 20 Lire erano necessarie per coprire la tariffa del porto ordinario, mentre il servizio accessorio Espresso costava 40 Lire. Totale, 60 Lire, quanto infatti è affrancata la busta.

Che la missiva abbia viaggiato per Espresso ce lo confermano i bolli postali “ROMA CENTRO C.P. – ESPRESSI” e soprattutto il talloncino al verso, Modello 24 N.
Tale talloncino veniva applicato dall’ufficio postale di arrivo, colui il quale avrebbe dovuto recapitare la missiva per Espresso. Sul talloncino, come è possibile osservare, è indicato il numero d’arrivo, ovvero quello annotato sui registri di arrivo.
E, ovviamente, vista la via, l’ufficio di recapito era il Roma Nomentano.

Tutta questa rapidità nel recapito, tuttavia, fu inutile: il destinatario non c’era!
Il portalettere ha infatti annotato al verso “Partito incognito“, ovvero destinatario partito per destinazione incognita.
Era importante indicare “incognita” perché se invece fosse stata “cognita” la missiva sarebbe stata inoltrata a questa nuova destinazione.

Invece, non si è saputo per dove fosse partito il destinatario Conte Antonio Luraschi, e quindi, cancellato il suo indirizzo con una X, la missiva venne restituita al mittente, come attestano i due piccoli bolli lineari presenti al recto.

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