LA BUSTA PAGA!

LA BUSTA PAGA!

La Legge 5 gennaio 1953, n. 4 “Norme concernenti l’obbligo di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori a mezzo di prospetti di paga” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.21 del 27 gennaio 1953 e in vigore dall’11 febbraio 1953, all’articolo 1 recita:

«E’ fatto obbligo ai datori di lavoro di consegnare, all’atto della corresponsione della retribuzione, ai lavoratori dipendenti, con esclusione dei dirigenti, un prospetto di paga in cui devono essere indicati il nome, cognome e qualifica professionale del lavoratore, il periodo cui la retribuzione si riferisce, gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che, comunque, compongono detta retribuzione, nonché, distintamente, le singole trattenute.»

Il “prospetto di paga”, come definito per la prima volta nella normativa italiana da questa legge, passerà alla storia come “busta paga” perché usualmente consegnato all’interno di una busta.

Ancora oggi, se cerchiamo su Google le parole chiave “storia busta paga” troveremo svariati risultati, anche di enti e federazioni nazionali, in cui si indica il riferimento alla Legge 4/1953 come la norma che ha istituito la “busta paga”.

Per esempio, sul sito web della FILCAMS (Federazione Italiana dei Lavoratori del Commercio Turismo Servizi) aderente alla CGIL troviamo scritto:
«Funzione della busta paga
La legge 5 gennaio 1953, n. 4 stabilisce che il datore di lavoro, al momento del pagamento della retribuzione, deve consegnare al lavoratore un documento denominato busta paga, contenente gli elementi che compongono la retribuzione stessa, nonché alcune altre informazioni.»

In realtà, ad essere precisi, come abbiamo visto, la Legge 4/1953 istituì il “prospetto di paga”, non la “busta paga”.
Ma quindi, da dove viene il termine “busta paga”?
Fu solo perché legato all’usanza di consegnare soldi e “prospetto di paga” dentro una busta che venne chiamata “busta paga”?

In realtà qualcun altro usò il termine “busta paga” probabilmente ben prima della legge di cui sopra.
E per raccontare questa storia ci affidiamo come sempre a un documento, anche se stavolta non si tratta di un documento postale (alcune volte, poche, ci prendiamo una deroga).

Il documento in questione misura 12 x 16 cm, poco più grande di un passaporto. Aprendo a soffietto la busta dal lato corto superiore, si può accedere al suo interno, una semplice sacca di carta atta a contenere qualcosa.

Al recto, in alto, una finestrella consente la visione di una fettuccia di carta posizionata al di sotto di essa e sulla quale vi è scritto un nome e un cognome.

Più in basso, un testo ci chiarisce la natura del documento.
«Il contenuto della busta deve essere estratto e verificato e la busta vuota riconsegnata immediatamente. Il costo della busta riconsegnata deteriorata o non riconsegnata sarà trattenuto al responsabile nel periodo di paga successiva.
Non si ammettono reclami per denaro mancante o fuori corso se non sono stati fatti al ritiro della busta.
Non si ammettono reclami per errori di conteggio se non sono stati fatti entro i due giorni successivi al pagamento.»

E sotto:
«Registri Buffetti – Roma – Milano – Mod. 8860»

Una busta paga!
Che si tratti di una busta paga ci viene confermato al verso.
Girando dall’altro lato il documento, infatti, sotto le istruzioni su come chiudere la busta, troviamo scritto:
«BUSTA PAGA BUFFETTI – BREVETTO N. 186»
E sopra il marchio della Buffetti.

E, attenzione, il nome dell’oggetto che diede la Buffetti è “busta paga”, non “prospetto di paga” (come indicato nella Legge 4/1953).
Che sia dunque precedente alla legge stessa?

Per rispondere a questo interrogativo dovremmo sapere esattamente quando venne depositato il brevetto n.186 cui si fa riferimento, ma per quanto mi sia potuto applicare sul database storico dei marchi e dei brevetti non sono riuscito a ricavare questa fondamentale informazione.
Anzi, invito tutti i lettori che ne hanno voglia a trovare questa informazione, ve ne sarei davvero grato.

In assenza di questo dato, qualche deduzione possiamo però farla.
Il marchio della Buffetti riportato sulla busta paga ci viene infatti in aiuto.

Come riportato sul sito aziendale, la storia di Buffetti inizia nel 1852, quando Luigi Buffetti avvia a Rovigo la tipografia Luigi Buffetti.
Nel 1881, Giovanni Battista Buffetti iscrive alla Camera di Commercio la “Luigi Buffetti – Tipografo, libraio, editore”.
Nel 1919 l’azienda si trasferisce a Roma e nel 1923 apre il primo punto vendita Buffetti specializzato nella modulistica commerciale, fiscale ed amministrativa.

A questo punto della storia entra in gioco il marchio, perché appunto nel database storico dei marchi e brevetti conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato è possibile rinvenire la domanda di registrazione esattamente del marchio di fabbrica raffigurato sulla nostra busta paga.

In particolare, la domanda di prima registrazione di quel marchio di fabbrica venne depositata a Milano dalla Luigi Buffetti S.A. in data 23 febbraio 1937 con numero 55393. La domanda venne accolta e registrata in data 16 giugno 1937.

In data 20 dicembre 1946, con domanda n.80110, la Luigi Buffetti S.A. rinnova per altri 20 anni il proprio marchio d’impresa. Il logo riportato è lo stesso del 1937.
La richiesta viene accettata il 10 maggio 1948.

Infine, in data 13 settembre 1960, con domanda n.163861, la Luigi Buffetti Soc. Coll. presenta domanda di primo deposito per un nuovo marchio che contraddistinguerà i prodotti della nota azienda da quel momento in avanti: “Registri Buffetti”, su due righe.
La domanda viene accolta e registrata in data 17 febbraio 1964.
Sulla domanda è annotato anche un successivo cambio di denominazione societaria in Luigi Buffetti S.p.A., modifica che viene registrata con numero 16449 in data 14 dicembre 1978.

Il quadro è adesso non chiarissimo ma almeno un po’ più ristretto.
Il logo riportato sulla nostra busta paga venne utilizzato sui prodotti Buffetti dal 1937 al 1964, quindi esattamente a cavallo della Legge 4/1953 di cui abbiamo parlato sopra. Se è precedente o antecedente non lo sappiamo.

Al di là di tutto, il documento di questo ‘sfizio’ altro non era che un pretesto per rendere omaggio, oggi che è il Primo Maggio e quindi la Festa dei Lavoratori, alle lotte operaie e ai tanti che per rivendicare i giusti diritti hanno anche pagato con la vita.

Il concertone in piazza va benissimo, ma tutti gli scontati diritti di cui oggi godiamo, compresa la busta paga ricevuta da Cosimo Oliviero, li dobbiamo a quelle persone, non dimentichiamolo.

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