HO LO STOMACO DILATATO…

HO LO STOMACO DILATATO…

Nella vita quotidiana può capitare l’imprevisto o il contrattempo. Oggi, se capita un problema al lavoro, prendiamo il telefono e chiamiamo chi ci sta attendendo per dire che faremo tardi. Oppure usiamo i social, mandiamo messaggini, Whatsapp, Messenger, o quant’altro.
Facile, immediato, e gratis.
Ma un tempo non era così.

Catapultiamoci con l’immaginazione nel 1940. L’1 marzo di quell’anno la Seconda Guerra Mondiale già imperversava in Europa, ma l’Italia ancora non era entrata in guerra; lo farà da lì a poco, il 10 giugno. Siamo a Bologna, e Michele scrive a Corinna.
Caro amore,
sono appena uscito da ufficio, l’orologio segna le 13.30. […] Questa mattina ho ricevuto due ispettori della finanza che hanno voluto ficcare il naso nelle mie carte fecendomi perdere gran tempo.
Michele si giustifica che dovrà far tardi al lavoro per recuperare il tempo perduto. Ma non solo.
“…sono di umore nero anche perchè il mio stomaco è tanto dilatato che sono certo conterrebbe una casa intera.
Addirittura!
La lettera è comunque abbastanza leggibile, chi lo desidera può leggerla direttamente dalle immagini.

Quello che vorrei infine far notare è il mezzo con cui Michele scrive a Corinna. La lettera deve essere recapitata il prima possibile: Michele sta avvisando Corinna che forse non riuscirà ad arrivare per cena, per cui se Michele scrive alle 13.30 non appena esce dall’ufficio con quale mezzo avrebbe potuto informare Corinna così velocemente? Con un espresso o un telegramma?
No, con il recapito celere di un’agenzia di recapito autorizzato, una vera e propria agenzia postale di tipo privato che operava ufficialmente grazie a una concessione governativa del 1913. Ce ne erano diverse, su tutto il territorio nazionale, con una concentrazione maggiore ovviamente nelle grandi città. A Bologna operava l’agenzia “Recapito Celere Lettere e Valori”, con sede in via Rizzoli.
Tali agenzie non potevano recapitare regolare corrispondenza, ma solo quella con carattere di urgenza, “per espresso”. Per operare, dovevano pagare una tassa per ogni oggetto trasportato/consegnato, imposta che veniva richiesta (in toto o in parte) al mittente con l’utilizzo di una speciale marca di recapito autorizzato di importo fisso e determinato dall’ente postale, come quella presente su questa busta.
Infine, il bollo. Le marche dovevano essere annullate (per evitare il riutilizzo), ma non con i bolli tondi di foggia postale, ma generalmente (per distinguere, appunto, il tipo di recapito) con bolli rettangolari spesso con inchiostro colorato.

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