LA GRANDE META E’ VICINA!

LA GRANDE META E’ VICINA!

Sostantivo femminile.
1. Azione che tende a influire sull’opinione pubblica, orientando verso determinati comportamenti collettivi, e l’insieme dei mezzi con cui viene svolta.
2. Complesso di notizie destituite di ogni fondamento, diffuse ad arte e per fini particolari.

Sono queste le definizioni che il vocabolario Treccani fornisce alla voce “Propaganda”.

E lo sapeva bene il regime fascista che sulla propaganda basò gran parte del suo consenso tra la popolazione, tanto da istituire con Regio Decreto 6 settembre 1934, n. 1434, alla diretta dipendenza del Capo del Governo, il “Sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda” (poi trasformato con Regio Decreto 24 giugno 1935 n. 1009 in “Ministero per la stampa e la propaganda”, e ancora con Regio Decreto 27 maggio 1937 n. 752 in “Ministero della cultura popolare”).

La propaganda entrava in ogni cosa, dalla quotidianità più spicciola ai grandi temi internazionali: il culto della personalità, l’espansionismo, la fertilità, la ricerca scientifica, il comunismo, la criminalità, l’omosessualità, i treni in orario.

Ovviamente operò profondamente anche durante la guerra etiope del 1936, facendo passare per vere atrocità etiopi esagerate come l’abuso dei prigionieri e l’uso improprio dei simbolini della Croce Rossa su installazioni militari.

Ed è proprio a questo periodo storico che si riferisce il documento postale protagonista dello sfizio di oggi.
Si tratta di una lettera, purtroppo priva di contenuto, spedita dall’Eritrea il 18 aprile 1936 e diretta a Badia Polesine (provincia di Rovigo) dove giunse dieci giorni dopo, il 28 aprile 1936.

La missiva è correttamente affrancata per 1.50 Lire, ovvero 50 Lire a copertura della tariffa ordinaria per lettere di primo porto, e 1 Lira per la sovrattassa aerea.
Va infatti ricordato che sino al 12 gennaio 1939 (quando entrò in vigore un apposito tariffario postale), la tariffa postale da/per l’Africa Orientale Italiana era pari a quella interna con in aggiunta la soprattassa aerea.

Va anche ricordato che all’epoca la comunicazione con l’Italia avveniva grazie ai voli operati dall’Ala Littoria, la compagnia di bandiera del regime. Le partenze erano due volte a settimana, si riusciva a raggiungere l’Eritrea in tre giorni, la Somalia in 5 giorni.

La località dell’Eritrea di partenza della missiva è possibile definirla dal bollo “POSTA MILITARE 128-E” che annulla i francobolli il cui uso è noto dal 30 gennaio al 21 agosto 1936 (B. Crevato-Selvaggi e P. Macrelli, “L’Italia in Africa Orientale. Storia, posta, filatelia“. AICPM, Rimini, 2016).

Detto ufficio era ubicato ad Adigrat, una città dalle parti di Macallè ma distante un migliaio di km da Addis Abeba, e che oggi ospita anche un cimitero militare italiano.
Ma se riusciamo con certezza a definire la località di partenza, nulla sappiamo invece del mittente.

Possiamo infatti osservare che sul fronte della busta è ovviamente riportato l’indirizzo completo della famiglia Alessio Stella Mirandola di Badia Polesine, destinataria della missiva.
Ma proprio sul fronte della busta possiamo notare che è riportato qualcosa in più, e mi riferisco alla frase annotata dal mittente in alto a destra «La meta è vicina» e alle due frasi a destra inneggianti «W IL RE» e «W IL DUCE».

In effetti, in quei giorni, l’Italia coloniale si avviava verso la conquista dell’Impero di Etiopia che era stato attaccato sia dal fronte eritreo con le truppe comandate dal maresciallo Pietro Badoglio che dal fronte somalo con i reparti del generale Rodolfo Graziani. Il 5 maggio 1936 Addis Abeba cadde, la guerra era vinta.

Ma se la frase manoscritta dal mittente sul fronte della busta è a metà tra la propaganda e un generale senso di esaltazione, quel che troviamo al retro è una vera e propria apoteosi di euforia militare!

Il mittente, che non ha avuto modo nemmeno di scrivere il suo nome, infatti scrive:
«mitt.
La grande meta
È Vicina Vicinissima
W L’ESERCITO D’AFRICA
Vittorioso
W IL RE
W IL DUCE
W L’ITALIA
Arrivederci alla Capitale dei Barbari Add’Issabeba ITALIANA
WW SAVOIA»

È chiaro che la vicinanza della meta, concetto riportato ben due volte, fosse forse più il frutto della propaganda inculcata nel suo cervello che una sua reale convinzione (vedendo come ha scritto Addis Abeba forse non sapeva nemmeno dove fosse).

Ma alla fine il ‘nostro’ mittente misterioso non aveva poi così tanto torto ad essere esaltato: diciassette giorni dopo la partenza della sua missiva Addis Abeba cadde e la guerra terminò.
La meta era raggiunta.

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