
L’antica civiltà egizia ha da sempre affascinato e appassionato nutrite schiere di studiosi, ricercatori o anche semplici curiosi. Ancora oggi molti enigmi sono irrisolti o comunque non confermati e a volte si naviga a vista nel campo delle ipotesi e delle supposizioni.
Le dinastie che si sono succedute sulle sponde del Nilo hanno tuttavia lasciato ampie tracce del proprio passaggio, sia a livello di manufatti che di scoperte e innovazioni. Non ultima, la comunicazione scritta.
Tutti noi conosciamo infatti i geroglifici egizi, ma occorre precisare che tale modalità di scrittura prevedeva l’incisione sulla pietra, e quindi aveva come maggiore scopo quello monumentale, sacrale.
Quando si trattava di scrivere invece sul papiro, si usava la scrittura ieratica che si sviluppò in seguito o in concomitanza dei geroglifici. A ogni glifo corrisponde infatti un segno ieratico in una correlazione, per capirci, totalmente simile a quello che è per noi lo stampatello (geroglifici) e il corsivo (ieratico).
Sulla trascrizione, traduzione e interpretazione di documenti antichi in varie lingue e sullo studio fisico dei papiri, il loro restauro e la conservazione, si basa quindi la papirologia, una disciplina sistematica che ha origine intorno al 1890 grazie alle scoperte di Frederic Kenyon, Bernard Pyne Grenfell e Arthur Hunt, tutti e tre Britannici.
In Italia la papirologia si diffuse molto grazie all’opera dell’Istituto Papirologico dell’Università degli Studi di Firenze e della Scuola di Papirologia dell’Università Cattolica di Milano; di quest’ultima, massima esponente fu l’antichista Orsolina Montevecchi.
E sempre a Milano ha sede “
Aegyptus“, la rivista italiana di Egittologia e di Papirologia edita a cura della Scuola di Papirologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
La rivista viene tutt’oggi stampata, e dal relativo sito web (
https://aegyptus.vitaepensiero.it/) ricavo i seguenti brevi cenni storici della stessa.
La rivista, fondata da Aristide Calderini nel 1920, è nel suo genere la più antica in Italia e ha contribuito e contribuisce validamente allo sviluppo dell’egittologia e della papirologia con la pubblicazione di testi inediti e di studi.
La rivista è l’organo di stampa della Scuola di Papirologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e vi collaborano studiosi di ogni parte del mondo con saggi di alto livello scientifico, spesso in lingua originale (francese, inglese, tedesco e spagnolo).
Fatta questa lunga premessa, meglio si comprenderà il documento che vediamo oggi, una cartolina commerciale spedita da Milano a Roma il 26 maggio 1926.
Il mittente è appunto l’Amministrazione di “Aegyptus” presso l’Università Cattolica (Scuola di Papirologia) in via Sant’Agnese 4 a Milano.
Il destinatario è la libreria Spithoever, a piazza di Spagna, Roma.
La Libreria Spithöver, di proprietà di Guglielmo Haass, era molto attiva a Roma tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, principalmente nella pubblicazione di mappe e cartografia, e fu l’editore del “
Nuovo bullettino di archeologia cristiana“, una rivista scientifica stampata dal 1895 al 1922.
Appare quindi chiaro l’interesse della libreria in questione verso la rivista Aegyptus.
L’amministrazione milanese tuttavia chiese: «
Debbono essere rinnovati i vostri abbonamenti dell’anno nuovo? Attendiamo conferma.»
E la Libreria Spithöver rispose: «
Preghiamo di spedirci una sola copia!»
Della serie, basta e avanza.
Ultima nota, postale.
Come è possibile osservare, sia nell’indirizzo romano al fronte che nell’impronta del timbro amministrativo di Milano al verso vi sono dei numeri: Roma 6 e Milano 8.
Cosa sono?
Per velocizzare e ottimizzare il recapito postale, soprattutto nelle grandi città dove transitava ogni giorno una grande mole di corrispondenza, nel 1920 vennero istituiti i cosiddetti “quartieri postali”.
Roma 6 e Milano 8 non sono altro che due quartieri postali.
Il mittente indicava il numero del quartiere postale di destinazione; quindi, l’ufficio postale apponeva un bollo tondo con il numero del quartiere e, spesso, un secondo numero o lettera a indicare il portalettere che avrebbe consegnato la missiva.
Tutto ciò, chiaramente, implicava che il mittente conoscesse a monte il quartiere postale del destinatario, e questo non sempre accadeva, anzi, tutt’altro.
Tale sistema, quindi, venne presto abbandonato.
Si dovette attendere l’1 luglio 1967 per disporre di un sistema efficace e sicuro di velocizzazione dello smistamento della corrispondenza, ovvero quando venne introdotto il CAP, Codice di Avviamento Postale.
Ma questa è un’altra storia.
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