
In circolazione dal 1940 al 1949, pensata per controllare il razionamento dei generi alimentari, la “Carta Annonaria” venne quasi da subito ribattezzata dal popolo come “
tessera della fame“.
Si trattava di un documento, nominativo con le generalità del possessore, bimestrale, e che consentiva di recarsi da un negoziante autorizzato per ricevere generi alimentari o di altro tipo.
Il funzionamento era semplice. Le date di prenotazione e ritiro dei generi alimentari venivano annunciate tramite manifesti e trafiletti sui giornali. Il giorno indicato, ci si recava dal fornitore e, dopo una coda spesso molto lunga, si ritirava il genere alimentare spettante; il commerciante, quindi, staccava la cedola di prenotazione tagliando le strisce in cima, apponendo la propria firma o il proprio timbro.
Venne stampata su carta di colori diversi in funzione delle differenti fasce d’età: verde per i bambini fino agli otto anni, azzurra per i ragazzi dai nove ai diciotto anni, grigia per gli adulti.
Il documento che presento oggi è un piego che il Comune di Catania a luglio del 1946 spedì al Comune di Mascalucia informando che alla Signora Maria era già stata consegnata la carta annonaria. E questo per evitare che le venisse consegnata due volte, e che quindi potesse usufruirne dei benefici due volte.
Ma durante la guerra e nell’immediato dopoguerra non scarseggiavano soltanto i viveri. Anche la carta era merce preziosa. E all’Ufficio Annonario del Comune di Catania evidentemente non se la dovevano passare benissimo. L’ufficio, quindi, che fa? Prende un foglio di carta annonaria, la gira dalla parte bianca, e la ricicla come carta da lettere. Semplice, no?
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