NON TROVASI POVERA!

NON TROVASI POVERA!

La Signora Giuseppa abitava a Mistretta, un comune in provincia di Messina che, all’epoca in cui si sono svolti i fatti, nel 1947, contava circa 11.000 abitanti, più del doppio rispetto a oggi, un calo demografico fisiologico e legato alla forte emigrazione per la mancanza di lavoro, come del resto accadde in tantissime realtà del Meridione negli anni ’50.

La Signora Giuseppa, a un certo momento deve essersi sentita male.
E così venne portata all’Ospedale Civico “Basilotta”, a Nicosia, un popoloso centro della provincia di Enna, confinante con Mistretta.
Lì vi rimase 12 notti, dal 18 giugno al 4 luglio 1947.

Oggi, i costi della degenza sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale che garantisce l’assistenza ospedaliera senza l’imposizione di oneri ulteriori rispetto al prelievo fiscale.
Ma un tempo non era così.
Un tempo tali costi erano sostenuti dai comuni dove il malato risiedeva.

E fu così che il Comune di Mistretta, vistosi addebitato il costo di 3.840 Lire, indagò.
E verificò che la Signora Giovanna “non trovasi in condizioni di povertà“, che avrebbe potuto permettersi il costo di detta degenza.

E fu appunto così che il Comune di Mistretta, quasi tre anni dopo, scrisse alla Signora Giovanna intimandola a risarcire il Comune per quell’addebito.
E ovviamente lo fece in virtù di una Legge che glielo permetteva, la Legge n.1580 del 3 dicembre 1931, “Nuove norme per la rivalsa delle spese di spedalità e manicomiali” (G.U. 8 gennaio 1932, n. 5) che all’Articolo 1 recita:

«Allo scopo di ottenere dai ricoverati che non si trovino in condizioni di povertà, e in caso di loro morte, dagli eredi legittimi e testamentari, la rivalsa delle spese di spedalità o manicomiali, le amministrazioni degli ospedali, dei comuni o dei manicomi pubblici, sulla base degli accertamenti eseguiti, comunicano, mediante lettera raccomandata spedita per posta con ricevuta di ritorno, ai singoli obbligati, l’ammontare delle somme da rimborsare, i motivi per cui viene chiesto il rimborso e le modalità di pagamento.

Il credito è privilegiato, qualunque sia il tempo per il quale sono state sostenute le spese di spedalità, e prende grado insieme con le spese di cui al n. 3 dell’art. 1956 del codice civile.

L’azione di rivalsa con le stesse modalità di cui al primo comma, può essere esercitata, ove occorra, anche verso i congiunti dei ricoverati stessi nell’ordine stabilito dall’art. 142 del codice civile, che erano per legge tenuti agli alimenti durante il periodo del ricovero e si trovino in condizione di sostenere, in tutto o in parte, l’onere delle degenze, nonché verso le persone civilmente responsabili delle ferite e delle malattie che resero necessaria l’assistenza nell’ospedale o nel manicomio.

Le amministrazioni degli ospedali possono avvalersi della proceduta stabilita con la presente legge solo nel caso previsto dall’art. 34 d) del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2841.»

Quindi, il Comune di Mistretta, verificato che la Signora Giovanna non fosse in condizioni di povertà, aveva tutto il diritto di richiedere indietro la somma ingiustamente addebitata.
Certo, come venissero stabilite le “condizioni di povertà” è tutto da vedere.
Sta di fatto che, pur essendo stata abrogata più e più volte da norme successive (D. Lgs. 109/1998, D. Lgs. 130/2000, L. 328/2000, etc), la Legge 1580/1931 ha fatto parlare di sé addirittura nel 2007 quando ben tre sentenze (Tribunale di Milano n. 1609 del 6.3.2007, Tribunale di Trento n. 764 del 29.6.2007, e Tribunale di Parma n. 974 del 6.7.2007) hanno fatto erroneamente riferimento ad essa come normativa in vigore.

Dura lex, sed lex, anche se vecchia di 75 anni e abolita?

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