CON TANTI BACETTI A MOZZICHETTI…

CON TANTI BACETTI A MOZZICHETTI…

Quanti milioni di lettere e cartoline hanno fatto su e giù per lo stivale durante la guerra? I soldati al fronte e i parenti a casa. Tutti in attesa che quella maledetta guerra finisse. Una guerra spesso considerata ‘imposta’, non voluta.

Il numero esatto non lo sappiamo, e probabilmente non lo sapremo mai. Ma è sufficiente farsi un giretto per i mercatini o le fiere di collezionismo o i siti online per rendersi conto della mole di corrispondenza disponibile (ed è solo quella disponibile!) sul mercato per quel periodo.

Spesso i soldati scrivevano di stare bene, che non mancava loro nulla. Tutte bugie, dette naturalmente a fin di bene, per non far preoccupare a casa. Sono rari, rarissimi, i casi in cui davvero il soldato stava bene e non gli mancava nulla.

Poi ci sono le lettere al contrario, quelle spedite da casa. E lì allora ci si lascia prendere dai fiumi di parole, dai racconti del quotidiano e del vissuto, dei parenti fino all’ottavo grado, dei pacchi in spedizione, delle cartoline che non arrivavano.

E poi ci sono le lettere delle mogli e delle fidanzate. Un amore che si amplifica a causa della distanza e del tempo, assume contorni infiniti, spesso inimmaginabili.

E’ di questo tenore la missiva protagonista dello sfizio di oggi. Parte da Roma il 25 gennaio 1943, riceve il bollo della stazione ROMA FERROVIA alle 12.

Roma in quel momento ancora non aveva ben compreso quale sorte l’attendeva da lì a breve: il 19 luglio successivo sarebbero iniziati i bombardamenti alleati, e dopo l’8 settembre avrebbe preso il via uno dei periodi più bui per la Capitale.

Chi scrive è Giovanna, e ovviamente era ignara di tutto, il tono della lettera ce lo fa comprendere.
Il destinatario è suo marito Ferdinando (Giovanna scrive il suo indirizzo con il cognome del marito), ed è un sergente maggiore del 14° Battaglione Presidiario – Comando presso la P. M. 167. Che significa?

Gli uffici di Posta Militare erano contrassegnati da un numero affinché una missiva proveniente o indirizzata a quell’ufficio, anche cadendo in mani nemiche, non avrebbe pregiudicato nulla.

Questi uffici postali militari erano localizzati in postazioni fisse o seguivano le truppe. L’ufficio di Posta Militare n.167, dal giorno di apertura (10 gennaio 1941) al giorno di chiusura (1° giugno 1944) era localizzato a Brindisi. Poi riaprì in altre località, ma non riguarda la storia che stiamo raccontando.

Si trattava di un presidio di difesa terrestre, e lì era evidentemente impiegato il ‘nostro’ sergente maggiore.
Ma andiamo subito al testo della missiva di Giovanna. E’ leggibilissimo dalle immagini, ma si fornisce comunque una trascrizione.

«Amore mio caro,
un’altra mattinata di vana attesa; eppure stamane ci contavo proprio di riabbracciarti! Pazienza, sarà domani, domani l’altro, chissà… ma dovrai pur giungere ed io ti attendo sempre con le braccia aperte. Vorrei che questi giorni di agonia volassero ed invece non passano mai, mai. Ma è inutile pensarci o per meglio dire parlarne, poiché non pensarci è impossibile. Certo che poi sapremo apprezzare di più la nostra gioia benché anche questa volta sia breve, breve. Penso sempre alla immensa felicità che ci aspetta quando sarà finito questo stato di cose, che ci uniremo per sempre, senza più, più dividerci. Amore mio, ti amo tanto, tanto, ti adoro, sei il più gran tesoro della mia vita. Avevamo iniziato tanto bene il nostro cammino per il sentiero, ma purtroppo ci hanno costretti a fermarci prima della fine. Questa nostra sosta non durerà ancora molto, spero, e quando ci sarà consentito di riprenderci per mano tutto sarà più bello intorno a noi e riacquisteremo il tempo perduto. Ed ora parliamo d’altro, non so esprimerti ciò che vorrei dirti, il mio amore, la mia passione. La mia preghiera è che finisca presto la guerra, per restare sempre a te vicina e che il nostro amore sia sempre temprato con il fuoco ardente che si consuma e ci fa desiderare di morire d’amore.»

Come è possibile notare, Giovanna è dispiaciuta della lontananza, ma non è mai critica verso la guerra.
La nomina giusto una volta.
Ne parla come se fosse una cosa ineluttabile, un disegno del destino cui è impossibile opporsi, da accettare pedissequamente.

Dove invece Giovanna è chiara è nel dichiarare il suo amore. Eppure, i sentimenti di Giovanna risentono comunque dei tempi, perché sì sono espliciti, ma non poi così tanto. Nel segreto epistolare della sua missiva Giovanna avrebbe potuto spingersi oltre, ma non lo fa, rimane sempre dentro i limiti.
Un po’ probabilmente per pudore, ma soprattutto perché non era ‘conveniente’, per i tempi che erano, spingersi oltre.

«Non ho saputo spiegarmi, Nanne mio; volevo dirti qualcosa di grande, di bello, di soave, ma le mie parole son troppo tanto povere che preferisco tacere, pur sapendo che mi comprendi ugualmente.»

“Nanne mio” lo chiama Giovanna. Per quanto abbia cercato in lungo e in largo, Nanne non mi risulta il diminutivo o il nomignolo di nessun nome proprio di persona. A volte Giovanni, anziché Nanni (come è frequente), viene abbreviato in Nanne, ma certamente non Ferdinando.
Mi rimane quindi da pensare che fosse un nomignolo privato, con cui Giovanna chiamava il suo Ferdinando.

«Ecco la prima interruzione, sono arrivate zia Antonia e Giorgina che sono venute a piedi, seguiranno poi Papà, Bruno e Ferruccio. Giorgina dice d’aver ricevuta ieri una tua lettera in risposta alle sue. Non ha capito perché ti dispiace che lei sia entrata in 17 anni. Ti piacciono le bambine invece delle signorine? Eppure credevo il contrario. Be’, be’, che vuoi litigare? Già sento la tua voce che me lo dice. Ma nò, litigheremo da vicini così poi faremo la bella pace con tanti bacetti a mozzichetti.»

E dopo tante frasi d’amore, vuoi che non ci scappa la puntatina di gelosia?
Macché, eccola qua, puntuale!
Ma forse è tutta una scusa per riprendere le sue dolci frasi. Come non regalarle un sorriso di tenerezza quando scrive di “bacetti a mozzichetti”?
E infatti, così continua.

«Oggi non ho avuto neanche una tua parolina cara, ma domani non mi mancheranno e prima ancora di esse vorrei, vorrei stringerti forte, forte a te. Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo… non so’ dirti altro e non basterebbe tutto l’inchiostro del mondo e tutta la carta per dirti ciò che sento nel mio cuore.»

Come volevasi dimostrare.
Certo che quel “ti amo” ripetuto sette volte… Giovannina mia, sei davvero tanto cara.

«Altra interruzione, il resto della tua famiglia è qui e ora si stanno sistemando per la partita a scopone. Più tardi forse subentrerò io per fare un tresette che zia non sa giocarci. Veramente avrei da rifare tutto il dietro di un paio di calzoncini di Tattolo, che ho guastato perché si erano consumati. Non sono uscita affatto che il tempo è tutto grigio. Tattolo stamane è stato fuori un’oretta con la zia Olga, ora sta giuocando con lo zietto.»

Certo che questa casa è un porto di mare! Gente che va, gente che viene!
E anche una mezza bisca! Scopone, tresette! Saranno gli ultimi scampoli (siamo a fine gennaio) delle giocate a carte che si usa fare a Natale?

Ma in questo passaggio entra un altro protagonista di questa storia: Tattolo.
Anche in questo caso, non risulta essere diminutivo di nessun nome proprio di persona. Quindi, un vezzeggiativo per chiamare il proprio figlioletto che ha consumato i calzoni? Probabilmente.

«Stamane è venuto Conti che mi ha domandato di te e si è raccomandato che quando verrai ti facessi vedere da lui. Ora sta facendo gli esami per passare controllore. Nina mi ha invitato al suo matrimonio che farà subito dopo Pasqua. Mi ha chiesto se un pomeriggio posso andarle a tagliare le foderette che poi darà a ricamare. Gli ho detto di sì se non ci sarai te, però. Tempo fa mi chiedesti l’indirizzo di zio Mazzini, è il seguente: “Magg. ecc… ecc… Via Flavio Ottaviano (presso Merecari), Foligno”. Anche lui spera di poter ottenere qualche giorno di licenza, ma… A noi non ha mai scritto, a te? Adesso mi tocca lasciarti così approfitterò che Giorgia, Marisa e Bruno vanno a spasso per far imbucare la presente. Il mio pensiero resta sempre con te intanto abbi mille bacioni appassionati dalla tua Gianninetta. Baci da Tattolo.»

Il resto, come si vede, è ordinario vissuto.
Ma quest’ultimo blocco di testo una conferma ce la da: a Giovanna e Ferdinando, o meglio a Gianninetta e Nanne, i vezzeggiativi piacevano un sacco…

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