UNA VOLTA IL CIELO SI SCRUTAVA DAI TETTI DI ROMA…

UNA VOLTA IL CIELO SI SCRUTAVA DAI TETTI DI ROMA…

Giovanni Battista Audiffredi visse nel ‘700 tra Napoli, Bologna e Roma. Fu domenicano, bibliotecario, bibliofilo, numismatico, naturalista e astronomo.
In particolare, nel 1749 fu nominato secondo bibliotecario alla Biblioteca Casanatense di Roma, e dieci anni più tardi ne divenne prefetto, carica che ricoprì sino alla morte.
In quel periodo, la Casanatense, con le sue numerose opere a stampa, manoscritti, incunaboli, stampe e incisioni, divenne una delle più importanti e imponenti biblioteche pubbliche d’Europa.
Se non avete avuto modo di visitarla, ve lo consiglio vivamente, rimarrete sbalorditi!

Ma torniamo ad Audiffredi.
Lavorando alla Casanatense, e in quanto domenicano, la sua residenza fu l’adiacente convento della Basilica di Santa Maria sopra Minerva, uno dei rari esempi di architettura gotica a Roma affrescata (tra gli altri) da Melozzo da Forlì e Filippino Lippi, e al cui interno sono conservate le spoglie di Caterina da Siena e il Beato Angelico.
Il convento non è poi meno importante dal momento che proprio lì, il 22 giugno 1633, Galileo Galilei, sospettato di eresia, abiurò le sue tesi scientifiche.

Del resto, Roma era già da circa due secoli il cuore pulsante della diffusione dell’astronomia in Italia. Già tra il 1500 e il 1600 erano stati installati punti di osservazione al Collegio Romano, a Torre dei Venti, a Santa Maria in Vallicella, all’Accademia dei Lincei, in via dei Lucchesi, e a Trinità dei Monti.

Quindi, forse proprio per quell’ideale collegamento con Galilei, forse per la sempre maggiore importanza dell’astronomia nella capitale (in quegli anni circolava a Roma il dalmata Ruggero Boscovich), sta di fatto che Audiffredi sviluppò un crescente interesse per il cielo stellato tanto da chiedere e ottenere l’installazione di un piccolo osservatorio astronomico sopra la loggia del Noviziato di Santa Maria sopra Minerva.

Il primo strumento del quale Audiffredi dota il suo osservatorio, nel 1751, è una meridiana che realizza personalmente seguendo le istruzioni di Francesco Bianchini.
Successivamente vennero installati micrometri, orologi e alcuni telescopi tra cui uno lungo più di quattro metri fabbricato da Eustachio Divini.

Audiffredi non è uno scienziato, non ha studiato astronomia. Ma non è nemmeno un semplice appassionato dal momento che non si limita a guardare il cielo, ma ne fa osservazioni rigorose (dal transito di Mercurio nel 1753 al transito di Venere davanti al Sole nel 1761), con misurazioni che vengono ritenute talmente attendibili da meritare la pubblicazione su riviste scientifiche.

Alla morte di Audiffredi, nel 1794, l’attività dell’Osservatorio alla Minerva subì una battuta d’arresto, anche perché maggiore attenzione e interesse suscitavano le nuove installazioni quali la Specola Caetani, l’Osservatorio del Campidoglio, e la Specola Vaticana.
Tuttavia, alla Minerva le lenti tornarono presto ad essere rivolte verso il cielo.
E proprio in questo momento si innesca la lettera che mostro oggi.

Il piego, purtroppo privo di lettera (è la classica sovracoperta come si usava all’epoca, la lettera era in essa contenuta), è spedita da Veroli (Frosinone) il 2 agosto 1871 ed è indirizzata a Padre Vincenzo Nardini, Direttore dell’Osservatorio La Minerva Roma, a cui viene consegnata la sera dello stesso giorno, come attesta il bollo di arrivo al verso.
Ma chi era Padre Vincenzo Nardini?

Nato nel 1830 ed entrato subito in seminario, completò gli studi a Roma nel collegio di S. Tommaso, al convento di S. Maria sopra Minerva, conseguendo nel 1855 il lettorato. Vi insegnò matematica, fisica, astronomia e chimica con un programma ideologico ben definito: dare alla filosofia tomistica, l’unica capace di conciliare scienza e fede, il sostegno di un’adeguata preparazione scientifica.

Padre Nardini si impegnò tanto in tal senso. Memorabili sono i botta e risposta con Angelo Secchi, direttore dell’osservatorio del Collegio Romano. Su Google Libri si trova liberamente scaricabile “Risposta del P. Vincenzo Nardini domenicano alla lettera del P. Angelo Secchi D.C.D.G. Dirett. dell’Osser. Astr. del Coll. Rom. intorno alla soluzione di un problema fisico-cosmologico” (Tipografia di Giovanni Cesaretti, Roma, 1862): ‘appena’ 202 pagine.

Sollecitato da questa dura polemica e desideroso di affermare il prestigio dei domenicani in campo scientifico, Padre Nardini, utilizzando parte delle vecchie attrezzature di Padre Audiffredi, tra il 1863 e il 1865 sui palazzi del Collegio di San Tommaso nel complesso di Santa Maria sopra Minerva fece costruire un nuovo osservatorio astronomico e meteorologico di cui ne divenne direttore.
E quindi a questo periodo appunto si riferisce la missiva di cui sopra.

Purtroppo la sua direzione ebbe vita breve. Nel 1873, infatti, il convento della Minerva, i locali del collegio e la Biblioteca Casanatense furono espropriati in virtù della Legge n. 1402 del 19 giugno 1873 che estese a Roma la soppressione delle corporazioni religiose.

A seguito di ciò, Padre Nardini partì per il Sudamerica dove vi rimase per 23 anni, prima di rientrare a Roma dove rimase gli ultimi 15 anni della sua vita.

Infine, una nota storico-postale.
Come è possibile vedere, il francobollo venne annullato da un bollo punteggiato con al centro il numero 1644 (è apposto rovesciato rispetto al francobollo).
E’ quello che in gergo i filatelisti chiamano “annullo numerale a punti”; il numero 1644 identifica appunto l’ufficio postale di Veroli, ed è tra l’altro un bollo in uso soltanto da quell’anno, dal 1871.

Mancando la lettera e qualsiasi riferimento non sapremo mai chi gli scrisse, e cosa gli scrisse.
Piace pensare che un letterato di Veroli ebbe a che discutere con Padre Nardini di cosmologia, e che questa fosse una delle tante lettere che si scambiarono.
Ma, ovviamente, questo è il lato romantico della storia postale.

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