LA FAMIGLIA MAMELI, TRA INNO NAZIONALE E PREFETTURA PASSANDO PER IL PROCESSO NICOTERA

LA FAMIGLIA MAMELI, TRA INNO NAZIONALE E PREFETTURA PASSANDO PER IL PROCESSO NICOTERA

Giuseppe Pintor Mameli nacque a Cagliari il 31 agosto 1837 da Efisio Luigi Pintor Navoni (17.3.1809 – 27.11.1896) e da Maria Rita Mameli (28.5.1802 – 23.12.1887), sorella di Giorgio Antonio Efisio Mameli, a sua volta padre di quel Goffredo Mameli, l’eroe garibaldino che tutti noi Italiani conosciamo in quanto compositore del nostro Inno nazionale.
Quindi, Giuseppe Pintor Mameli e Goffredo Mameli erano primi cugini.

A Moncalieri, il 25 novembre 1863 Giuseppe Pintor Mameli contrasse matrimonio con Clotilde Belluardi con cui ebbe cinque figli: Efisio (Moncalieri, 12.12.1864 – Pontremoli, 9.2.1876), Ilda (Firenze, 25.9.1866 – ?), Arnoldo (Fiesole, 21.4.1869 – Vergato, 26.1.1879), Romualdo (Roma, 23.4.1874 – ?), Brunelda (Portoferraio, 26.1.1880 – Grosseto, 29.7.1970).

Come il lettore attento avrà già osservato, due dei figli morirono in età adolescenziale, Efisio a 11 anni per la difterite (morì a casa dei nonni paterni, cui era affidato), e Arnoldo a 9 anni, sempre di difterite. Ciò colpì profondamente l’animo dei coniugi Pintor Mameli tanto che poco dopo, il 23.3.1899 anche la moglie Clotilde passò a miglior vita.

Ceppo originario dell’Ogliastra, la famiglia dei Mameli era molto numerosa e annovera numerosi personaggi di rilievo: oltre il già citato eroe risorgimentale Goffredo Mameli, troviamo figure come Cristoforo Mameli (ministro del Regno di Sardegna), Pietro Mameli (illustre giurista), Giovanni Antioco (console degli Asburgo di Spagna), i fratelli Ignazio e Luigi Mameli (caduti in combattimento nella lotta contro i Barbareschi), il loro nipote Giorgio Mameli (protagonista nelle battaglia contro le navi del Bey di Tunisi), Francesco Mameli (ingegnere minerario nel Sulcis).

E ancora notai, funzionari pubblici, prefetti, religiosi, mercanti, imprenditori, militari.
Giuseppe Pintor Mameli non fu da meno: era Segretario di prima classe del Ministero degli Interni con incarichi a Roma, Matera, Vergato, Portoferraio, Casalmaggiore, Ozieri, Pontremoli, Sanremo, Grosseto, Siena, Firenze.
Morì a 86 anni, il 13 gennaio 1924, a Pisa, dove è attualmente sepolto, con il titolo onorifico di Prefetto.

Il figlio Romualdo (anch’egli Grande Ufficiale, e Prefetto del Regno) così lo descriveva:
«Mio padre è stato sempre, come suo padre, di una tempra adamantina. Nella sua lunga carriera al Ministero dell’Interno, donde uscì la prima volta per assumere le funzioni di Sottoprefetto di Matera, fu da tutti gli onesti apprezzatissimo. Ma per la sua rettitudine che non lo lasciava piegare a soperchierie, a qualsiasi di quelle transazioni che sono facilissime nella politica, dovette sopportare battaglie faticose e forti dolori. Era anche egli un autodidatta che si era formato una cultura non superficiale, ma profondissima, in vari rami dello scibile, ma soprattutto in letteratura.

Conosceva a fondo e parlava correntemente il Francese, l’Inglese, il Tedesco e lo Spagnolo oltre il Latino ed il Greco, nelle quali due ultime lingue fu valido maestro a me ed ai nipoti. Si dilettava di astronomia, di numismatica e di mineralogia ed aveva anche egli raccolte preziose di minerali che, come quelle del nonno, durante la mia assenza andarono a finire chissà in quali mani. Aveva messo insieme una collezione di preziose opere scientifiche e letterarie, delle quali solo poche vennero poi in mio possesso. Ma anche queste sono andate rubate e distrutte con le altre della mia cara biblioteca nel saccheggio completo della mia casa a Livorno, durante la guerra. Mio Padre fu un uomo di una bontà quasi fanciullesca.

Suo svago preferito era la lettura dei grandi classici, che egli si divertiva a tradurre dalla originaria in altre lingue. Mai dolori, più che gli acciacchi fisici, ne avevano indebolito la forte fibra, e gli ultimi anni della sua vita, a differenza del Nonno che ebbe lucidità di intelletto sino all’ultimo respiro, li passò vegetando, più che comprendendo. Sia pace all’anima sua! Voglio qui citare un caso raro di tardivo ma pieno riconoscimento di umana benemerenza. Mio Padre era stato Commissario Regio nel comune di Monopoli (Bari) e ne venne allontanato d’autorità con le più severe rimostranze per aver egli, contro ogni autorizzazione, fatto demolire un rudere di bastione che impediva l’espansione edilizia della città.

Passata una quindicina d’anni la Civica Amministrazione conferiva a Mio Padre la cittadinanza onoraria per codesto suo atto che determinò un nuovo sviluppo urbano ed intitolò a suo nome il corso principale della città.»
Ed è vero: a Monopoli, una delle vie principali della cittadina barese è Corso Pintor Mameli.

Fin qua, la storia.
E perché ho voluto raccontarvi tutto questo?
Perché, ovviamente, il documento postale di oggi venne scritto e spedito proprio da Giuseppe Pintor Mameli.

Datato 3 novembre 1876, il documento postale era indirizzato al Comune di Garaguso, un piccolo comune della provincia di Matera. Pintor Mameli lo scrisse infatti quando in quel momento era Sotto Prefetto a Matera. Oltre il testo manoscritto, e la firma autografa, lo attesta il bollo ovale delle Regie Poste personalizzato per il Sotto Prefetto di Matera.
Leggiamo la trascrizione del messaggio:

«Matera, 3 9bre 1876
Copia d’un telegramma del Prefetto Sottoprefetto. Matera. Faccia pubblicare con la maggiore diffusione che Ministro Interno Barone Nicotera ha già dato querela al Gerente Direttore Gazzetta D’Italia per le infamie calunnie che contiene l’autobiografia. Accordando ai calunniatori il diritto di provare le accuse che per legge non avrebbero. Firmato Zampani. Per copia conforme. G Pintor Mameli.»

Il testo fa riferimento a un accadimento che tenne inchiodata per un po’ tutta la stampa italiana.
L’allora Ministro dell’Interno Giovanni Nicotera era stato sottoposto a una violenta campagna negativa di stampa lanciata dalla Gazzetta d’Italia nei cui articoli si sottolineava continuamente lo scarso coraggio, la scadente azione di governo, e la bassa moralità del Ministro.

Inoltre, si faceva riferimento al presunto tradimento di Nicotera nel 1857 quando, si disse, voltò le spalle ai suoi compagni mazziniani durante la spedizione di Sapri, spedizione condotta da Pisacane che avrebbe dovuto portare alla liberazione a Ponza di alcuni prigionieri politici, e che invece fu un totale insuccesso.

Per tutto ciò, quindi, Nicotera querelò e poi portò a processo per diffamazione Sebastiano Visconti, gerente della Gazzetta d’Italia.
La battaglia legale la vinse, ma rimasero molte oscure ombre sul capo di Nicotera, e ancora oggi la storiografia moderna non lo tratteggia positivamente.

Ultima nota a margine.
Come è possibile osservare, la cartolina spedita da Pintor Mameli è una “Cartolina Postale di Stato”.

L’utilizzo di queste cartoline postali, emesse l’1 gennaio 1875, era limitato alle Presidenze della Camera e del Senato e a un certo numero di uffici governativi, determinati con appositi decreti.

Tali uffici, per usufruirne, dovevano apporre il bollo ovale di franchigia in dotazione oppure l’indicazione della carica ufficiale seguita dalla firma del mittente.
Non era ammessa la spedizione raccomandata. Sulle cartoline era inoltre formalmente riportato un valore nominale in centesimi, pari alla tariffa per uso civile.

Il motivo per cui vennero realizzate queste cartoline era solamente statistico: l’amministrazione postale voleva verificare quanta corrispondenza in franchigia viaggiasse nel canale postale. Una volta che venne completata l’indagine statistica, l’eccedenza enorme di cartoline postali non utilizzate venne ammessa (a partire dal 3 novembre 1877) anche all’uso privato, previa sovrastampa (in basso a sinistra) delle stesse con la dicitura “Ammessa alla corrispondenza privata”.

Vennero inoltre rifilate della cornice (dalle originarie dimensioni di 155x95mm vennero portate a 138x79mm) per essere conformi agli standard dettati dall’UPU per le cartoline postali dell’utenza privata.

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