DEGENZA OSPEDALIERA A CARICO DI CHI?

DEGENZA OSPEDALIERA A CARICO DI CHI?

Siamo al mare o in montagna, in vacanza, fuori dalla nostra regione di residenza. Ci facciamo male (facciamo corna, eh!). Andiamo in guardia medica e, se necessario, veniamo poi ricoverati in ospedale per risolvere il problema. Ovviamente tutto questo gratuitamente perché siamo cittadini italiani, paghiamo le tasse, la sanità è pubblica, e quindi abbiamo diritto su tutto il territorio nazionale ad essere assistiti.

Ma… chi paga?
Facciamo qualche passettino indietro e partiamo dall’inizio.

Nel 1865 la responsabilità della salute pubblica viene assegnata al Ministero dell’Interno. Con la legge Pagliani-Crispi del 1888 si passa dalla polizia sanitaria a un’impostazione moderna di sanità pubblica. Il primo Testo unico delle leggi sanitarie viene introdotto nel 1907, per poi essere aggiornato nel 1934. Nel 1945 viene istituito l’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica, collocato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Terminato il secondo conflitto mondiale, scelta la Repubblica come forma dello Stato, definita la Costituzione, all’art. 32 della stessa si stabilisce: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti.»

Quindi, con la Legge 13 marzo 1958, n.296, viene istituito il Ministero della Sanità, al quale vengono trasferite le competenze precedentemente attribuite all’Alto Commissariato e ad altre amministrazioni centrali che si occupavano della sanità pubblica. A supporto delle sue attività operano due organismi: il Consiglio superiore di sanità, con funzione consultiva, e l’Istituto superiore di sanità, che svolge un ruolo tecnico-scientifico.

Dieci anni dopo, la Legge 12 febbraio 1968, n. 132, cosiddetta “Legge Mariotti”, definisce l’ordinamento degli enti ospedalieri e l’assistenza ospedaliera, mentre con la Legge 23 dicembre 1978, n. 833, che sancisce il diritto alla salute come fondamentale, viene creato il Servizio Sanitario Nazionale come lo conosciamo oggi.

Nel frattempo, però, con Decreto del Presidente Della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 4, viene definito il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera e dei relativi personali ed uffici. La sanità a gestione, anche economica, regionale parte da questo momento.

Infine (ma ovviamente semplificando tutti gli atti normativi, che necessiterebbero di un saggio solo su questo), la Legge n. 3 del 2001, che modifica il Titolo V della Costituzione, ridefinisce all’articolo 117 la distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni in ambito sanitario. Allo Stato spettano competenze esclusive, come la profilassi internazionale o la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale. Le Regioni, invece, sono responsabili dell’organizzazione e dell’erogazione dei servizi sanitari e ospedalieri.

Spero non vi siate annoiati con tutte queste leggi e queste date…
Ma se la sanità è gestita a livello regionale, sia logisticamente che economicamente, e noi tutti siamo “utenti” della regione sanitaria ove risiediamo, che accade se veniamo ricoverati in una struttura fuori regione? Chi paga?

Relativamente ai soli ricoveri fuori regione, si è visto che (dati 2015) un ricovero (inteso dall’ingresso in struttura sino alle dimissioni), mentre per casi “semplici” costa in media sui 125 Euro, per pazienti “acuti” con problematiche complesse costa in media 3.000 Euro circa, con (sempre dati del 2015) un minimo di un ricovero per acuti di 2.411 euro che la Sardegna “deve” alla Calabria, a un massimo di 37.967 euro che la Valle d’Aosta deve al Molise per l’unico ricovero effettuato nel 2015.

Essendovi un’autonomia anche economica di ciascuna regione, se io sono residente nella regione “X”, i costi sostenuti dalla regione “Y” verranno infatti addebitati alla mia regione “X”. Tutti questi crediti/debiti tra regioni valgono, ogni anno, circa quattro miliardi di Euro.

Questo è quanto accade oggi.
Come detto, tra il 1945 e il 1958 la sanità era appannaggio dell’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica e di altre amministrazioni centrali. Tra quest’ultime vi era anche l’Opera Nazionale per gli Invalidi di Guerra.

Istituita con Legge 25 marzo 1917, n. 481, e riformata con Regio Decreto 18 agosto 1942, n. 1175, convertito in Legge 5 maggio 1949, n. 178, in base all’art.1 di quest’ultima l’ente, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposto alla tutela e vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, svolgeva le seguenti funzioni:
«fornire assistenza sanitaria, ortopedica e protesica, in quanto non sia stata compiuta dall’amministrazione militare e sia resa necessaria da successivi bisogni dell’invalido; fornire assistenza morale e preparazione alla rieducazione dell’invalido; fornire assistenza sociale degli invalidi, curandone l’istruzione generale e professionale, al fine di rieducarli, preferibilmente all’antica loro professione agricola od operaia, o di educarli ad una nuova rispondente alle loro attitudini e condizioni sociali od economiche ed alle condizioni e risorse di lavoro delle località in cui risiedono; fornire assistenza materiale, quando sia resa necessaria dalle condizioni peculiari degli invalidi, collocandoli anche presso istituti di ricovero; predisporre il collocamento al lavoro degli invalidi; fornire assistenza giuridica, quando le condizioni personali dell’invalido non lo mettano in grado di far valere le sue ragioni o quando debba essere assoggettato a tutela o curatela.»

Questo è il contesto entro cui si muove il documento postale protagonista dello sfizio di oggi, una cartolina inviata dalla rappresentanza provinciale di Treviso dell’Opera Nazionale per gli Invalidi di Guerra l’8 novembre 1945, quindi a guerra appena conclusa.
Destinatario: l’Ospedale civile di Valdobbiadene (Treviso).
La cartolina risulta affrancata per 1.20 Lire, la corretta tariffa per cartoline in quel periodo (in vigore dall’1.4.1945 sino al 31.1.1946).

Postalizzata diversi giorni dopo (il 16 novembre), giunse a destinazione l’indomani, 17 novembre. E questo è il testo:
«Oggetto: Codello Siro di Placido. Questa Opera Nazionale non si assume l’onere del ricovero in ospedale del nominato in oggetto, dato che l’infortunio patito è conseguenza della di lui imprudenza.»

Effettuando una veloce ricerca in rete si scopre che la persona in questione non era un militare ma un civile, che era originario di Valdobbiadene (appunto), e che si ferì mani e occhi per lo scoppio di una bomba rimanendo pertanto invalido.

In quale modo l’Opera Nazionale abbia potuto valutare la sua azione come una “imprudenza” non è dato sapere. Forse l’Opera, per effettuare tale valutazione, era in possesso di documentazione attestante l’accaduto, e forse ha potuto fare una valutazione grazie ad essa. Non lo sappiamo.

Sappiamo però che nell’Archivio Storico della Resistenza di Vittorio Veneto, sezione II “Brigate Varie”, busta 64 “Brigata Mazzini”, fascicolo 3 “Amministrazione”, sottofascicolo 3 “Pratiche per pensioni di guerra Civili feriti”, è presente (documento 3) il fascicolo personale della pensione di Codello Siro, segno evidente che, sebbene l’Opera Nazionale non abbia rifondato l’Ospedale di Valdobbiadene per la degenza in questione, lo Stato gli riconobbe lo status di “civile ferito” e quindi la pensione di guerra.

Giustizia fu fatta, con buona pace dell’Opera Nazionale.

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