VINCENZO STARACE, GALLIPOLI

VINCENZO STARACE, GALLIPOLI

Se dico “Starace” e “Gallipoli” che vi viene in mente?
Sono pronto a scommettere che o non vi viene in mente nulla o vi viene in mente Achille Starace.

Sì, giusto.
Ma il gerarca fascista non fu l’unico Starace a lasciare il segno a Gallipoli.
E lo vediamo con la missiva protagonista di questo sfizio. Priva di contenuto, la lettera raccomandata venne spedita da Vico Equense (Napoli) il 23 giugno 1903, diretta a Gallipoli (Lecce), destinatario Vincenzo Starace.

Per raccontare la storia della numerosa famiglia Starace non posso fare a meno di citare il lavoro di Franco Antonio Mastrolia, “Vincenzo Starace e la Casa di Commercio di Gallipoli“, apparso sul periodico “Anxa”, Anno XVII, Maggio-Giugno 2019.

Vincenzo Starace era nato a Vico Equense da Raffaele e Anna Savarese.
Antonio, fratello di Vincenzo, si trasferì a Gallipoli già dal 1805 e commerciava nel settore dell’olio e del vino.

Vincenzo lo seguì a breve, domiciliandosi in via Santa Croce, commerciando in olio e botti. Nel 1859 ottenne la licenza d’uso di un terreno comunale dove vi installò una fabbrica di botti, per sé e da vendere.

L’attività procedeva a gonfie vele. Numerosi gli investimenti immobili che Vincenzo effettuò in quegli anni, sia a Gallipoli che a Vico Equense. Nella seconda metà dell’Ottocento lo stabilimento a vapore Starace era tra i più accreditati. Nello stabilimento si macinava il grano, si polverizzava lo zolfo, si sgranellava il cotone, si estraeva l’olio dalle olive.

Il 15 giugno 1880 venne quindi fondata la “Vincenzo Starace e Compagni”, una società in nome collettivo ove il principale azionista era una banca, la Meuricoffre di Napoli, quindi appunto Vincenzo, poi Francesco il fratello, e infine Michele il nipote (figlio di Francesco).

Ad agosto di quello stesso anno Vincenzo sposò Rosa Monti, con ricca dote in immobili a Vico Equense. Ma non fu un matrimonio di interesse: Vincenzo non ne aveva bisogno, e nel novembre formalmente rinunciò anche ai beni della moglie.
Dal matrimonio vennero dei figli ma morirono in fasce, e la stessa Rosa morì il 26 marzo 1883 senza lasciare a Vincenzo alcun erede.

Prima che Rosa passasse a miglior vita, i due coniugi non avendo figli ma disponendo di ampie proprietà, decisero di ospitare in un’ala della loro villa ad Alezio alcune orfanelle.
Venuti a conoscenza della grande opera caritatevole che la nipote Maria Maddalena Starace stava svolgendo a Castellamare di Stabia, pensarono di offrirle pieno sostegno per istituire la prima casa delle Suore Compassioniste.

I successivi anni furono un bel po’ difficili.
Per tutto quel decennio, in Salento, si verificò infatti una grave crisi economica determinata da una serie concomitante di fattori: le cattive condizioni atmosferiche che, in alcune annate, avevano distrutto il raccolto delle olive; la caduta dei prezzi dell’olio sui mercati internazionali; la sempre maggiore attenzione alla viticoltura; la mosca olearia.

Nel 2009/2010, a partire dall’entroterra di Gallipoli e poi per tutto il Salento, è scoppiata un’epidemia di Xylella fastidiosa pauca, un parassita della pianta che in particolare colpisce l’ulivo fino all’uccisione dell’intera pianta.
Ciò ha provocato in quelle terre un dissesto economico senza precedenti dal momento che la coltivazione dell’ulivo, e la conseguente produzione di olio, sono l’attività trainante dell’agricoltura locale.
Ma la mosca olearia di cento anni prima non fu da meno.

Questa crisi si ripercosse ovviamente sui produttori d’olio, ma anche sui bottai. Insomma, la “Vincenzo Starace e Compagni”, impegnata a livello aziendale su entrambi i fronti, ne fu colpita frontalmente tanto che il 5 marzo 1889 si sciolse, complice la veneranda età di Vincenzo il quale, per riconoscenza, cedette la sua quota al nipote Michele il quale venne inoltre nominato erede ufficiale nel testamento che preventivamente fece redigere Vincenzo.

Lasciò soldi e proprietà anche al fratello Ciro, al fratello Salvatore, al nipote Luigi (figlio di Salvatore), al nipote Francesco (figlio di Salvatore), al nipote Raffaele (figlio di un fratello non definito), al nipote Catello (figlio di Francesco), al nipote Antonio (figlio di Francesco), alla nipote Colomba (figlia di Salvatore), alla sorella Isabella, alla sorella Ginevra.

Una parte venne destinata anche alla figlia del giardiniere nonché a Vincenzo, figlio di Luigi (figlio del fratello Salvatore). In particolare, il lascito a quest’ultimo consisteva in un giardinetto di agrumi e frutta con palazzina in Alezio.

Il 7 gennaio 1890 Vincenzo moriva nella sua villa ad Alezio.

Michele (figlio del fratello Francesco) prese quindi le redini dell’attività di famiglia. A lui si affiancò Luigi (figlio del fratello Salvatore) e il di lui figlio Vincenzo.
E quest’ultimo Vincenzo è il destinatario della nostra missiva.

Morto Luigi il 29 gennaio 1909, i figli ereditarono un patrimonio di circa 80.000 Lire che, all’epoca, erano davvero tante, ma tante tante.

Luigi aveva sposato la baronessa Francesca Vetromile di Palmireto, nobildonna proprietaria terriera a sua volta. Da quel matrimonio, oltre che Vincenzo, nacquero anche Salvatore, Rosa, Felicetta, Maria, Achille e Margherita.

Quindi, il Vincenzo destinatario della nostra missiva altri non è che il fratello di Achille Starace, uno dei grandi protagonisti del fascismo.

Vincenzo era nato il 24 maggio 1881 a Gallipoli, iscritto dal 1922 al Partito Nazionale Fascista. Nel 1921 venne nominato Cavaliere della Corona d’Italia.

Medesimo riconoscimento la ebbe nel 1926 il fratello dott. Salvatore, nato a Gallipoli il 15 febbraio 1883, laureato in medicina e chirurgia, attivo nel 1911-1913 durante l’epidemia di colera, medico al Porto di Gallipoli, tenente medico durante la Prima guerra mondiale, sindaco e poi podestà di Gallipoli.

Il terzo fratello, Achille, nacque a Sannicola (Lecce) il 18 agosto 1889. Segretario del Partito Nazionale Fascista dal 1931 al 1939, fondatore della Gioventù Italiana del Littorio, ad Achille Starace si deve l’introduzione del saluto romano al posto della stretta di mano, l’uso del voi al posto del lei, l’uso di Duce al posto di Capo, il divieto di termini e nomi stranieri, i raduni oceanici di folla (con istruzioni precise sui termini da utilizzare per inneggiare al Duce), il sabato fascista, e davvero chi più ne ha più ne metta.
Un vero braccio destro di Mussolini.
Per alcuni, fu Mussolini ad essere il braccio destro di Starace.
Fucilato il 29 aprile 1945 in piazzale Loreto di fronte al cadavere di Mussolini.

Per chi volesse approfondire la figura di Achille la letteratura è strapiena di contributi, anche online, per cui a questi rimando il lettore interessato.
Una tra tutti, “Anno X del Regime. Starace dixit“, a cura di Adriano Dal Pont e Fausto Nitti (A.N.P.P.I.A., 1968, Roma).
Ma questa è davvero un’altra storia.

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