CONTRO IL PUGNALE DELL’INTRIGO!

CONTRO IL PUGNALE DELL’INTRIGO!

Che cosa avrà combinato mai l’avvocato Francesco per scrivere questa lettera al suo amico avvocato Alfredo?
Ma andiamo con ordine.

E’ il 14 maggio 1951 e da Buenos Aires, Argentina, parte questa raccomandata aerea per Napoli. Arriva a Roma, a Fiumicino, il 18 maggio alle 5:00 del mattino, e quindi viene subito inoltrata a Napoli, dove giunge lo stesso giorno alle ore 12:00.

La missiva, datata il giorno prima della partenza, è dattiloscritta su una carta velina leggerissima.
In quanto dattiloscritta la lettera è leggibilissima, ma non posso non riportarne la trascrizione completa. Merita.

«Caro ed illustrissimo Professore, [censored] mi ha informato del Vostro sempre vivo interessamento per la mia pratica e dei passi che Vi accingevate a fare per coprirmi le spalle contro il pugnale dell’intrigo al quale indubbiamente i nostri avversari hanno raccomandato la sorte di questa ultima e conclusiva tappa istruttoria. Se non avessi la sicurezza del Vostro altissimo appoggio mi sentirei vinto prima ancora che la battaglia si concludesse, tanto scarsa è ormai la mia fede per il dogma della giustizia umana!».

Caspita!
Ma è una lettera tra avvocati, o la sceneggiatura di un film di 007?
E’ l’avvocato Francesco che scrive, o Ian Fleming?
E ancora:

«So che non ho bisogno di dirVi nulla e che ogni mia sollecitazione suonerebbe irrisione al sentimento di amicizia di cui mi avete immeritatamente degnato e che è per me ragione di orgoglio e di fierezza. So che non posso neanche ringraziarVi perché conosco il Vostro generoso temperamento avverso a manifestazioni del genere, mentre mi mancherebbero le parole adatte per esprimerVi la gratitudine che io sento per Voi.»

Che linguaggio affettato!
Che salamelecchi!
E continua:

«Sono giunto qui da poco più di un mese e sento imperiosa la nostalgia della nostra Patria, del nostro Cielo e di tutte le cose belle che la natura sembra aver regalato solo al nostro Paese. Qui abbiamo il lavoro sereno, lavoro per tutti senza lo spettro della miseria e senza la minaccia incombente della guerra. E’ inutile che io Vi ripeta come sarei felice, e con me è superfluo dirlo anche mia moglie, di avere qui Voi, donna [censored] con i figli e i nipoti. Auspicherei la guerra per un evento simile! Conservatemi nel Vostro buon ricordo ed abbiateVi un devoto abbraccio dal Vostro [censored].»

Quindi, è costretto a vivere a Buenos Aires?
Da chi o cosa sfuggiva?

Ovviamente, essendo una missiva del 1951 e trattandosi (evidentemente) di una questione delicata, ho nascosto tutti i riferimenti possibili.

Certo, dal modo e dal tono di scrivere, da certi termini utilizzati, da certi concetti espressi (nostalgia della Patria, etc), e dal momento storico (pochi anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale), sembrerebbe (azzardo, eh) di essere davanti a un nostalgico del regime fascista che sta evitando, scappando in Sud America, un processo per chissà quali crimini.

Forse esagero a pensare questo, ma non sarebbe certo un caso isolato, la storia ci dice che furono a centinaia a scappare, dall’Italia e dalla Germania, verso mete irraggiungibili dalla giustizia terrena.

Naturalmente, nessuno potrà mai dirlo, e la mia rimane assolutamente una mera supposizione, ma certo è che fa specie leggere una lettera del genere, e di certo (senza scomodare Ian Fleming) non poteva sfuggire alla lente d’ingrandimento di Sfizi.Di.Posta.

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