DARE, DARE, DARE

DARE, DARE, DARE

Era questa, “Dare, dare, dare“, la massima di padre Aurelio Maschio, missionario in India per oltre settant’anni.

Nato a Vazzola (TV) il 12 febbraio 1909, dopo aver frequentato il Collegio Salesiano di Sampierdarena-Genova e l’Istituto di Penango (Asti), riceve mandato missionario ad Asti il 5 ottobre 1924.

Appena quindicenne, parte quindi per l’India il 2 dicembre 1924, e lì, a Shillong, viene ordinato sacerdote il 29 aprile 1933.
Svolge attività missionaria praticando l’incontro, l’ascolto e il discernimento, raggiungendo i miseri e gli emarginati, dal 24 dicembre 1924 al 9 settembre 1996, quando muore a Bombay (Mumbai).

Un salesiano che i suoi confratelli oggi chiamano “patriarca della provincia di Madras Bombay” perché è stato lui a intravederne le potenzialità quando ancora non c’era nulla e i primi sforzi sembravano non produrre frutti.

Proprio qualche mese fa, ottobre 2021, è stato inaugurato un busto del salesiano nel giardino della grotta del Santuario della “Madonna di Don Bosco” a Mumbai.

E’ presente anche un museo, con esposizione permanente di diversi cimeli tra cui gli accessori liturgici (calici, pissidi, ecc.), i suoi paramenti, alcuni effetti personali, gli appunti di alcune omelie, certificati, premi e attestati di apprezzamento.

E soprattutto la macchina da scrivere, a inchiostro azzurro, quella su cui don Maschio era solito trascorrere molte ore di lavoro, mantenendo una fitta corrispondenza con numerose persone, benefattori e non.

Ai suoi benefattori del mondo ricco scriveva con gentilezza e con tatto, sapendo che era l’unico modo per arrivare allo scopo, che non era tanto il dono a contare ma il dono fatto volentieri e con semplice amore: «Dio ama chi dona con gioia».

Proprio con quella macchina da scrivere, con quello stesso inchiostro azzurro, è stata evidentemente scritta la missiva che vi mostro oggi, partita da Bombay il 26 luglio e arrivata a Napoli il 17 agosto 1966.
Essendo relativamente recente, ho nascosto i riferimenti personali che, del resto, nulla tolgono alla storia che stiamo raccontando.

Cosa abbia scritto padre Aurelio al sig. Renato non lo sappiamo, la lettera è mancante. Ma fa ugualmente un certo effetto tenere in mano una busta che cela, dietro la sua apparente banalità, tanto dolore, tanta miseria, e tanti sforzi di riscatto.

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